Chi ha paura della normalità? Io per molto tempo l'ho avuta. Qualcosa in me continuava (e a volte continua) a pensare che essere normali voglia dire non essere speciali. Ho il terrore di essere banale, in un certo senso. E penso che questo timore sia un motore del mio agire… quel desiderio profondo di dimostrare quanto io sia speciale, di far valere qualità che spesso la società fraintende: come la fragilità, la sensibilità, la sincerità.
Se vi fate un giro per i feed dei vari social network, scoprirete che raramente una persona (soprattutto se uomo) espone questi lati di sé. Vanno per la maggiore i maschi "Alfa", quelli che una nota pubblicità di profumo chiamava "Per l'uomo che non deve chiedere mai". Ovviamente questa frase è sparita dagli annali, perché chiedere non è una questione di educazione o di mascolinità, ma proprio di civismo.
Io sono uomo, e da quando sono piccolo ho dovuto avere a che fare con questa percezione (spesso autoimposta) che gli uomini vogliono dare di loro stessi agli altri: forti, duri, sicuri di sé. Ora si è aggiunto un universo di estetica, chirurgica e non, che fino a poco fa era relegata alle donne. Ma si sa, il mercato, per generare nuovi bisogni, crea nuove paure...
Non è diverso per le donne, anzi, lo so. Il genere femminile è, sin dai tempi dell'invenzione del primo mascara, molto più soggetto alla pressione dell'apparire "speciale" agli occhi della comunità di quanto l'uomo sia mai stato.
Si sa, i tempi cambiano, ma qualcosa, dentro noi esseri umani, rimane costante. È da lì che i classici traggono la loro linfa vitale, da quel motore che alimenta le nostre gesta, proprio come ai tempi degli antichi greci.
Cosa alimenta quindi questa mia paura di normalità? Da una parte, la realtà e i miei sogni che spesso fanno a botte. La realtà è una muraglia indistruttibile, che non guarda in faccia nessuno. E quando mi ci schianto, fa male. Parecchio.
Quindi, da una parte, vi è una fuga dalla realtà per paura di scoprire che in fondo io non sono quello che pensavo, o che speravo, di essere. Ma è insito in me anche il desiderio di appartenere alla comunità, di essere speciale, anche agli occhi degli altri. Di fare qualcosa per la società che mi dia un posto dove stare, un po' di amore. Da lì nasce la mia scelta di recitare, di scrivere, di emozionarvi.
Perché in fondo si torna sempre lì: l'amore. L'amore per se stessi, l'amore per un altro o un'altra, l'amore per il gruppo. Quel senso di appartenenza che tanto mi fa paura ma a cui, sotto sotto, anelo.
Per fare arte, per scrivere, per esprimersi sull'umano, è necessario andare alla radice, essere classici. Perché solo così, attraverso la ricerca delle radici dell'anima, si possono saltare le allucinazioni della contemporaneità e trovare i motivi veri delle azioni che ci muovono.
Abbiamo un continuo e inesauribile desiderio di sentirci amati.
Di questo parlo nell'anello di Saturno. Ora è ancora presto per percepire la sua interezza, visto è uscito solo il primo volume, ma l'amore è uno dei temi fondanti della storia. L'amore nelle sue mille sfaccettature. I greci avevano varie parole per definirlo, perché ne vedevano le sfumature: Eros, Philia, Storge, Agape e molte altre.
Il mio viaggio è stato attraversare ognuna di quelle parole per comprenderla, nella speranza che chi deciderà di accompagnarmi in questo viaggio si ritrovi, alla fine, ad amare se stesso.
Perché, come dice Dalla in "Disperato erotico stomp": "Ma la cosa eccezionale / dammi retta / è essere normale."
Alla prossima pagina.