La memoria... questa magica e inafferrabile realtà che vive dentro di noi, è stata fonte di ispirazione per centinaia, migliaia di autori. Proust, con la sua Madeleine, ne fece il tassello fondamentale dell'anima. Noi siamo la nostra memoria. E senza memoria, cosa saremmo?
Personalmente, ho sempre vissuto con un occhio verso il domani, piuttosto che al passato. Ho un approccio piuttosto diffidente nei confronti della mia memoria, forse perché non mi fido del tutto di essa. Ho spesso la sensazione che sia fallace. Per esempio, sono pessimo con i nomi. Non mi ricordo i nomi di nessuno, e questo mi porta a diventare molto chiuso, poiché, in un certo senso, il dubbio di non sapere con esattezza il nome della persona con la quale sto parlando mi mette in una situazione in cui preferisco non interagire. Ed ecco fatto l'introverso. Scrivendo, mi rendo conto che forse la mia introversione è proprio una questione di memoria. Forse, se mi ricordassi meglio i nomi, non sarei così timido.
Nei miei scritti, sia nelle poesie che nella prosa da romanzo, mi ritrovo spesso ad avere a che fare con il ricordo. Un ricordo che muta a seconda di chi lo ricorda. Mi viene in mente il film "Rashomon" di Akira Kurosawa, che affronta, appunto, la stessa scena ricordata da tre persone diverse. Ogni racconto differisce significativamente dagli altri, presentando versioni contrastanti degli stessi eventi, che gettano luce sulle complesse nature umane dei personaggi e sulla difficoltà di stabilire una "verità" oggettiva.
Il ricordo ha questo potere: riscrive la realtà vissuta, collocandola là dove ci viene meglio ricordarla. Il ricordo che abbiamo nella mente non è una fotografia esatta del momento vissuto, quanto piuttosto una fotografia di come stavamo noi in quel momento, della nostra - limitata - prospettiva. È una fotografia che più viene richiamata alla memoria, più muta, proprio per via della sua caratteristica fuggente e mutevole, quasi liquida. E così, quello che era una semplice giornata in spiaggia con gli amici prende nel tempo connotazioni favolesche, magiche, dalle atmosfere romantiche. Baci rubati.
Insomma, la memoria è una parte fondamentale di quello che ci rende umani. La società stessa non potrebbe esistere senza memoria. La cultura, l'arte, le scienze sono tasselli che vengono man mano registrati nella memoria collettiva e che creano, negli anni, strutture conoscitive gigantesche, che ci permettono di immaginare il nostro futuro, di diventare demiurgi della materia, di controllare la nostra vita. La memoria è conoscenza, esperienza, strumento di sopravvivenza.
Non posso esimermi dal pensare, però, che la memoria stia diventando, nel nostro mondo iper-digitalizzato, qualcosa di statico, di immobile. Le informazioni che registriamo sono così tante che non vi sembra più esserci spazio per l'attribuzione, per l'errore, per il margine di magia. I ragazzi nati ora avranno tutta la loro vita registrata, bit per bit, su internet. Foto, frasi, video, pensieri. Tutto sarà lì, a disposizione del prossimo. E così, il margine di mistero si fa sempre più sottile, sempre più inesistente, e questo mi dispiace, perché la magia del mito, sta proprio in quello spazio di ignoto.
Per questo scrivo i miei libri: per lasciare un segno marginale, indefinito, un luogo di mistero che dia al lettore la possibilità di rileggermi e di scoprire, in questo marasma di parole, qualcosa di sé stesso.
Alla prossima pagina