Cosa vuol dire fare arte? Cosa significa esprimersi? Perché?
Sono così tante le domande che mi pongo, domande esistenziali, certo, ma concrete. Cosa ci faccio qui? A cosa serve davvero fare arte? Forse dovrei occuparmi di cose più utili. Anche se ormai direi che è troppo tardi per laurearmi in medicina.
Ma no.
C'è qualcosa che mi spinge, ancora, a cercare di essere sentito, ascoltato, capito. A tentare con la forza delle parole, di toccare i cuori, le menti e le anime di chi ha la gentilezza di regalarmi il suo tempo.
Sapete cos'è lo Zeitgeist? È lo spirito dei tempi. Ieri leggevo un'intervista a Quentin Tarantino che dice che le serie e i film che escono sulle piattaforme di streaming (Netflix) non appartengono allo Zeitgeist. Sono come gocce nell'oceano della cultura, in quel fiume di parole e dati che ogni giorno sgorgano dai motori dell'umanità, dalle macchine e dai cuori di milioni di altri come me.
Penso che uno dei sommi desideri dell'artista sia proprio quello di appartenere allo Zeitgeist, di attraversare, anche per un solo momento, lo spirito dei tempi.
Il mio sarebbe di forgiarlo, di imprimere un pezzo di me nella coscienza collettiva. È un sogno grande, forse irraggiungibile in una società così veloce, che tanto facilmente sorvola o dimentica ciò che di profondo o sentito può essere scritto, detto, ripreso.
La contemporaneità è fatta di velocità. Di clip di pochi secondi che si rifanno alla cultura popolare, che non hanno autonomia, e per le poche che l'hanno, si tratta di un'autonomia tautologica. Parlano a sé stessi, di sé stessi.
Per chi mi conosce, tutto questo che racconto può essere trovato nelle mie poesie: "Reti sociali", "Sincronia". Le mie poesie sono l'espressione di questo desiderio, che a volte si fa disagio, quel tormento di essere straniero, alieno allo Zeitgeist.
Eppure, voglio farne parte. Da piccolo mi bullizzavano. Davvero. E uno dei ricordi più dolorosi per me è quello di ricordare con terribile precisione il desiderio che aveva quel piccolo Flavio di essere accettato da quelle persone che tanto gli facevano male. Non ho l'anello di Saturno, non posso tornare indietro e dirgli che andrà tutto bene. Posso però guardarmi allo specchio, da uomo di 45 anni, e chiedermi come fare a crescere ancora.
Vi starete chiedendo perché del titolo. Qualità o quantità, che c'entra con lo spirito dei tempi, con l'arte, con il desiderio di appartenere?
C'entra eccome.
L'artista deve, in ogni secondo della sua creazione, decidere la soglia di compromesso che è disposto a fare per far parte del mondo che lo circonda. Spesso, si isola, e spera segretamente che qualcuno lo scopra e lo porti con il palmo della mano sotto la luce dei riflettori. Altre volte, abbandona la strada per strade meno burrascose, altre volte ancora, trova quell'equilibrio che gli permette di fissare la sua impronta.
Io credo nella teoria dell'evoluzionismo. E credo che valga anche per le opere d'arte. Perché un'opera possa superare il tempo, deve avere più di una qualità: deve rappresentare lo spirito del tempo, certo, per espandere il suo raggio d'azione, per toccare più cuori possibili, ma deve anche avere in suo seno la classicità dei temi e una profondità filosofica che le permetta di rimanere potente anche dopo che i tempi sono cambiati.
"Scrivi per i vivi, pensando che ti leggeranno da morto."
In una società connessa come questa, sembra che l'impronta si possa lasciare solo con la quantità. Moltiplicare i post, moltiplicare i video, moltiplicare! Di più è meglio! Ma non è sempre così, come dico in "Little Bang": è solo dopo lo zero che nasce quel che conta.
Quindi cosa dovrebbe fare un artista? Moltiplicare le sue creazioni a discapito dell'originalità, oppure aspettare e fare in modo che ogni singola creazione possa raggiungere il massimo numero di persone possibili?
Dipende. Dipende da molte cose. Io vedo la scrittura, la poesia, i miei libri, come il cuore pulsante della mia anima. In loro vi è tutto me stesso, il mio pensiero, il mio cuore, anche il mio sudore. Non posso moltiplicare ciò che è prezioso senza svalutarne il valore. Quindi propendo per la seconda opzione: approfondire e fare in modo che ognuna lasci un'impronta nello Zeitgeist. Come faccio? Con il marketing, con l'utilizzo dei social network, anche con questo Diario, che mi permette di avvicinarmi a voi in maniera diversa e chissà, incuriosirvi a leggermi in qualcosa di più profondo che un articolo su un blog.
Questo diario è la testimonianza del mio viaggio, un antro complesso di sistemi e desideri, di recitazione, scrittura, imprenditoria, nel quale, piano piano, cerco di trovare una quadra.
Alla prossima pagina.