Il mare
Il mare, oscuro, luminoso.
Tetro di notte, silenzioso e profondo come un abisso. Traditore, ammaliante.
Il mare che sto vedendo ora Fa mostra della sua potenza con tranquillità.
Onde dalla schiuma bianca, non troppo alte, il giusto perché i bambini possano prenderle, arrotolarsi, mangiare sabbia e sorridere allo sforzo.
Era tra le cose che più mi piacevano, da giovane, a Tellaro.
Prendere le onde. Tornare a casa la sera con la pelle graffiata dalla roccia, esausto, i capelli secchi di sale.
I giorni di mare alto erano quelli in cui ti svegliavi, sentivi gli amici e ti organizzavi per andare a prendere le onde.
Poi, nel pomeriggio uggioso, dopo poche gocce di pioggia calde, tra fiatoni e risate, un gelato.
Il Cucciolone, con le sue barzellette che non facevano ridere. Così ho scoperto il Cinquestelle. Un Cornetto al croccantino che, lo ammetto, ancora adoro.
Il mare, oggi, sulla spiaggia di Fregene ospita surfisti che aspettano onde troppo minute per le loro intenzioni. Il vento, dolce, riscaldato da un sole che sembra nascondersi dietro quel fresco solo per arrossarmi la pelle, è forte di un’energia salina e sahariana al contempo.
Le nuvole.
Illusione di forma e movimento. Immobili se le fissi, cangianti se cambi lo sguardo e torni da loro dopo un attimo. Sono altre.
Come gli uomini.
Spesso ci rendiamo conto delle differenze - del tempo e dell’età - solo quando lo spazio che ci distanzia da coloro che ci circondano aumenta.
Poi torniamo, e ci rendiamo conto di un neo, di una ruga, di una nuova parola, di un altro pensiero.
Siamo come le nuvole.
Fatti d’acqua di mare, ma privati della costanza immortale dell’oceano, perso a far l’amore con la terra. A volte dolce, a volte violento.
Una relazione che regge al tempo, la loro.
I Greci, nei miti di origine, avevano Urano e Gaia: il sole, il cielo, la terra, il mare.
Essi sono i motori della nostra esistenza. Decidono del vento, delle piogge, del nostro umore e desideri.
Cerco tra le nuvole una forma che richiami qualcosa.
Un effetto che si chiama «pareidolia».
Ma non vedo nulla.
Sono più attratto dalla pagina, dalle parole, dal desiderio di scavare attraverso il flusso, e trovare una pepita di pensiero, una nuova piuma da mettere al cappello.
Eccola!
Un volto di profilo. La bocca aperta, un naso.
Ecco che ora mi sono evidenti i movimenti delle nuvole attorno.
Perché vorrei che non cambiassero, ora che le ho fissate in qualcosa che riconosco.
Ora che tutto ha finalmente un senso.
Ma il naso, sparisce.
La bocca si è chiusa.
La nuvola è tornata nuvola.
Non importa, ne troverò un’altra.