La rivoluzione in corso

In questi giorni, finito Il Paradiso delle Signore, ho approfittato per recuperare un po’ di contatti con la mia famiglia, sparsa tra Italia e Francia.
Sono andato da mia sorella. Lei fa un lavoro incredibile, è un’infermiera. Di quelle che stavano in prima linea durante il Covid, alle quali tutti inneggiavano balletti e promesse di aumento. Potete immaginare come sia andata a finire.
Ma non è questo il punto.
Parlando con lei, è venuto fuori l’argomento dell’intelligenza artificiale. Come sapete, ci lavoro da ormai più di quattro anni. Il mio approccio è prettamente artistico, cerco di comprenderne le potenzialità, i limiti.
Lei lo ha usato per organizzare il suo viaggio:
“Voglio andare lì, organizza qualcosa che sia X, Y, Z.”
E ovviamente ChatGPT ha organizzato tutto perfettamente, come un bravo assistente.
E mi sono detto:
“Pensa, il suo lavoro, che è a stretto contatto con gli esseri umani, è uno dei pochi che non ha un reale vantaggio se viene coadiuvato dall’implementazione di ChatGPT.”
Questo vuol dire che il suo settore non verrà segnato così tanto dalla rivoluzione in corso.
Non è un discorso nuovo, ma è bene ribadirlo: i lavori che richiedono il tocco umano, che sono i lavori di prossimità tra esseri umani, non saranno in crisi, anzi.
Se posso fare una previsione personale, penso che nei prossimi 5-10 anni ci sarà la fila per fare questi lavori, perché saranno meglio remunerati e più ambiti. Insomma, il panorama cambierà nettamente.
Ma per quanto riguarda i lavori intellettuali?
Quelli che richiedono conoscenza di regole, logica, insomma, quelle cose che l’IA sembra fare benissimo?
Cosa succederà a tutti questi lavori che beneficiano enormemente dell’apporto dell’IA?
Penso che in questo caso, come dice il CEO di Nvidia, non sarà l’IA a rubare il lavoro, ma le persone che la usano.
Come se, nell’arco di pochi anni, gli LLM fossero diventati qualcosa alla stregua del computer o dell’elettricità. Strumenti che ci aumentano.
Sarebbe facile pensare che il nozionismo, la conoscenza in generale siano diventati merce di poco valore, dato che si può accedere a tutto con un clic o una chat.
Ma non è così.
E vi spiego il perché.
L’IA non fa altro che restituire la risposta statisticamente più corretta alla vostra domanda, usando come bacino di informazione tutti i dati a disposizione.
Una specie di Internet in scatola.
Seguendo questo ragionamento, ciò che farà la differenza nell’output non è l’IA, ma la qualità della domanda.
Si ritorna all’uomo come cuore dell’intento.
Senza l’uomo, l’IA rimane ferma.
È l’intento umano, il desiderio di scoperta, di trasformazione, ad animarla.
E come si migliora una domanda?
Come si fa a fare domande e richieste sempre più specifiche, acute, profonde?
Studiando.
Studiando come non mai.
Filosofia, lessico, ragionamento logico.
Tutto fa brodo.
Solo così sarà l’IA a lavorare per voi.
E non il contrario.
Alla prossima pagina.

L'arte di prendere appunti e raccogliere idee

Ogni artista o creativo sa quanto sia importante catturare le idee nel momento in cui emergono, perché spesso sfuggono come sabbia tra le dita. Tuttavia, raccogliere idee è un’arte che richiede metodo e disciplina. Nel corso degli anni, ho sviluppato una serie di strumenti e tecniche che mi permettono di ordinare e gestire non solo le intuizioni creative, ma anche le questioni pratiche del mio lavoro. La chiave sta nel trovare il giusto equilibrio tra ordine e libertà creativa, tra azione e riflessione.

Gli strumenti che uso: Microsoft To-Do, Apple Notes e Notepad

Per tenere traccia di tutto ciò che devo fare, uso diverse piattaforme. Microsoft To-Do è il mio strumento principale per le cose da fare. È organizzato, chiaro, e mi permette di avere una visione d’insieme su tutti i compiti e i progetti che ho in corso. Qui metto le scadenze, le priorità e i dettagli su ciò che deve essere fatto. Apple Notes invece è il mio strumento per le idee più immediate, quelle che mi vengono in mente all’improvviso e che devo annotare velocemente, ovunque mi trovi. Infine, uso anche Notepad sul computer, più come un blocco note digitale per sessioni di brainstorming o per elaborare meglio le idee.

Una cosa che non faccio è utilizzare le note vocali. Personalmente, preferisco scrivere, perché mettere le parole su carta o in digitale mi aiuta a dare ordine ai pensieri. Scrivere è un processo che mi permette di riflettere e di organizzare meglio ciò che ho in mente.

Dal caos alle cartelle tematiche, fino a un nuovo metodo: Problemi e Opportunità

Fino a poco tempo fa, organizzavo le mie idee in cartelle tematiche, ognuna delle quali indirizzata a un settore preciso: "la società di videogiochi", "la scrittura", "il sito" e così via. Era un metodo funzionale, ma sentivo che mancava qualcosa in termini di gestione e azione pratica.

Di recente, ho scoperto un modo nuovo di strutturare il mio sistema di appunti. Ho iniziato a dividere tutto in due grandi gruppi: "problemi da risolvere" e "opportunità". Questa distinzione ha trasformato il mio approccio. I problemi sono quelle questioni che devono essere affrontate per poter andare avanti, quelle rogne che bloccano il progresso se non vengono risolte. Le opportunità, invece, sono tutte quelle idee nuove che potrebbero aprire nuovi orizzonti o creare nuove possibilità, ma che non sempre necessitano di azione immediata.

Quello che faccio è concentrarmi esclusivamente sui problemi da risolvere. Questi hanno la priorità perché rappresentano gli ostacoli reali al mio avanzamento. Le opportunità, invece, le lascio riposare per qualche settimana. Questo perché spesso sono quelle che mi entusiasmano di più e che mi portano a dedicare loro tanto tempo ed energia, ma non sempre portano a risultati concreti. Dopo 2-3 settimane, le rileggo con occhi nuovi. Se, dopo quel tempo, l’opportunità non mi sembra più così interessante, la elimino. Se invece passa il test del tempo, allora mi dedico a svilupparla.

Mi piace anche dedicarmi a quello che chiamo "una giornata di opportunità", un’intera giornata in cui mi immergo solo nelle nuove possibilità, esplorando ciò che può venire fuori da idee che ho lasciato riposare.

Niente note per le idee creative: Lascio che ribollano nel calderone

Un’altra caratteristica del mio metodo è che non prendo subito note per le idee creative. Mi ispiro alla filosofia socratica secondo cui la scrittura "fissa" le idee, in un certo senso le uccide. Quando un’idea viene fissata troppo presto, rischia di perdere la sua vitalità, di diventare troppo statica. Per questo motivo, lascio che le idee ribollano nel calderone della mia mente. In questo modo, permetto che i pensieri si mescolino, si incontrino, e creino quelle connessioni inaspettate che possono portare a vere esplosioni creative.

Solo quando comincio ad avere una visione generale, quando un’idea è maturata abbastanza, inizio a scrivere qualcosa. Anche in questo caso, però, non mi affretto a svilupparla subito. Lascio riposare le mie prime note, ci torno sopra dopo un po’ di tempo e rivaluto quello che ho scritto. Proprio come faccio con le opportunità e i problemi da risolvere, seleziono attentamente quali idee portare avanti e quali scartare. Non tutto merita di essere sviluppato, e la selezione è un processo cruciale.

L’importanza di trovare il proprio metodo

Catturare idee e intuizioni è un’arte che richiede un metodo adatto alle proprie esigenze. Il mio approccio si basa su una combinazione di strumenti pratici e una filosofia di selezione attenta. Da un lato, utilizzo strumenti tecnologici per organizzare i miei pensieri. Dall’altro, faccio riposare le idee nella mia mente e lascio che le opportunità e i problemi maturino nel tempo, per poi valutarli con spirito lucido.

Alla fine, ciò che conta è riuscire a trovare un sistema che bilanci l’impulso creativo con la necessità di ordine e struttura. Solo così possiamo trasformare l’ispirazione in azione concreta, senza perdere la magia del processo creativo.

Alla prossima pagina.

La struttura della fantasia

Come vi ho già accennato in passato, sono un po' un misto di umanesimo poetico e Nerdaggine infernale. Amo volare con la fantasia, leggere i classici dell'800 e giocare ai videogiochi. Sin da quando mio papà mi ha portato a casa il primo computer, è stato amore a prima vista. Ancora oggi, me li assemblo da solo.

Ma veniamo al dunque: come scrivo le mie storie?

Inizio con un brainstorming senza limiti e senza strutture. Immagino cose che mi piacerebbe scoprire, viaggio con la fantasia. Poi, piano piano, mi faccio un'idea del mondo, comincio a pensare a cosa è successo, immagino la gente, come si veste, le arti che ascoltano, i loro valori, i loro desideri. Quando ho un'immagine più o meno chiara, comincio a pensare alla storia. Rimango molto generico, ma cerco di trovare un obiettivo, qualcosa che il mio protagonista deve raggiungere. Qualcosa che sia conflittuale, ma bello.

A questo punto, comincia la fase di strutturazione della storia. Strutturo tutto fino al paragrafo. Sì, lo so, sembro pazzo! Dopo tre mesi di lavoro, ho una struttura definita che mi indica quello che succede con una cadenza di "paragrafo". La bellezza di 500.

Poi comincia la fase di scrittura creativa. Io preferisco scrivere a mano, usando il mio fedele Remarkable, un foglio digitale, in modo da risparmiare preziosa carta. Ogni giorno scrivo i paragrafi che mi sono dato, circa 5 al giorno, fino a che, dopo 100 giorni, ho la prima stesura. Che fa schifo.

Ma a questo punto ho una mezza idea di cosa sia la storia che voglio raccontare. Quindi cosa faccio? Butto tutto e ricomincio da capo, con la conoscenza acquisita. Riscrivo la struttura, riscrivo i capitoli, riscrivo tutto e pesco, quando serve, qualcosa di buono che era nato durante la "brutta".

A questo punto, dopo un milione di giorni e mal di schiena a gogo (scrivere fa male alla schiena, sappiatelo), ho una seconda stesura decente, che fila diritto al mio editor di fiducia (di cui vi parlerò un giorno. Genio.)

É così che ho immaginato il regno di Baltica, una città cinta di bianche mura, una società pacifica, alla ricerca perenne della perfezione, sempre in contemplazione dell'Eden. É così che ho immaginato il mio narratore, un uomo anziano e imperfetto, ed è così che ho immaginato il mio giovane protagonista, un orfano violento, cresciuto nel deserto. Ma questa, si sa, è un altra storia.

Infine, vorrei lasciarvi un consiglio personale: non esiste un metodo di scrittura perfetto. Ognuno ha il proprio stile e il proprio modo di lavorare. Ciò che conta è trovare quello che funziona meglio per noi e che ci consente di raggiungere i nostri obiettivi. Non abbiate paura di sperimentare e di provare cose nuove. La scrittura è un'arte che richiede tempo, pazienza e dedizione, ma anche un po' di follia e di fantasia.

Informativa sulla Privacy - Estratto

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Ultimo aggiornamento: 06 gennaio 2024

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