Sono entrato alla Scuola del Teatro Stabile di Genova nel 2001.
Ho avuto la fortuna, nel saggio di fine triennio, di interpretare un personaggio storico realmente esistito: Évariste Galois, uno dei fondatori della matematica moderna, genio ribelle che partecipò ai movimenti rivoluzionari, alle barricate, agli amori e alle tragedie.
Se ne è andato troppo presto, eppure, nella sua breve vita, ha lasciato un segno indelebile nella conoscenza umana.
L’autore, Luca Viganò, aveva dato al personaggio una sfumatura tragica, quella del genio ribelle e incompreso, che contribuì al successo dello spettacolo.
Interpretare un personaggio lascia sempre qualcosa all’attore che lo incarna. Da una parte, regaliamo il nostro corpo alla poesia; dall’altra, arricchiamo la nostra anima di quella poesia, ce la portiamo dietro, oltre lo spettacolo, nella vita.
Di quel personaggio mi sono portato dietro l’urgenza.
La sensazione che la vita sia breve e che le cose da fare siano tante. Troppe.
Mi conoscete, non mi fermo mai. Finisco una cosa e sto già facendo la prossima.
In questo momento, per esempio, mentre faccio l’editing dell’ultimo volume de L’Anello di Saturno – eh già… ci siamo, sta per finire – sto già ragionando sul secondo volume della prossima saga.
La prima stesura del primo volume è già andata ai beta reader, un test per capire se la narrazione, i personaggi, i luoghie gli avvenimenti siano “a livello” per affrontare una saga in cinque volumi.
So già che riscriverò questi volumi, perché scrivendo la storia i personaggi diventeranno sempre più chiari, e questo mi costringerà a riscrivere battute, commenti e pensieri di ognuno di loro.
Tra l’altro, tra pochi mesi riprenderò Il Paradiso delle Signore, e il tempo a disposizione per scrivere si restringerà.
Devo quindi avere una mappa chiara e completa di come procedere nella scrittura durante le riprese. Devo occuparmi delle pagine, e meno della storia.
Non mi fermo mai, da quando ho cominciato a recitare, non mi fermo mai.
Perché? Non lo so.
Forse per paura della morte.
Per quella battuta, che Galois ripeteva così spesso:
“Non ho tempo.”
Ammetto che ancora ora, più di vent’anni dopo, sento di non avere tempo.
Vivo come se non mi rimanesse molto, nella speranza di incidere con la mia anima il tempo.
Una visione, tutto sommato, tragica della mia realtà, che allo stesso tempo mi spinge a realizzare, a fare, anche a scapito, ahimè, di salute e società.
Questo pensiero di voler “fare”, “realizzare” mi ossessiona a tal punto che preferisco scrivere piuttosto che uscire con gli amici.
L’arte è una passione, ma anche un’ossessione, che mi spinge, mi muove e, a volte, mi consuma.
Ormai sono grande, non so quanto riuscirò a mitigare questo mio motore.
Se ripenso al passato, a quando ho realizzato Sogno Farfalle Quantiche (© e prima o poi lo rimetterò nel sito), mi dico che il Flavio che ha ritoccato a mano 160.000 fotogrammi ora è un po’ più sano, solido, stabile.
Ma il fuoco è sempre lì, e se non lo curo, se non lo alimento, in me cresce la paura di scomparire senza aver lasciato un segno.
Chissà se un giorno supererò questo mio desiderio e mi assopirò sotto un salice, a godere del presente, del rumore del mare e degli uccellini.
Chissà.
Alla prossima pagina.