Sono nato nel '79, ero tra quelli che avrebbero dovuto fare il famigerato "servizio di leva". Riguardo a questo, voglio raccontarvi un fatto che mi successe. Una cosa piuttosto incredibile.
A 19 anni, tornato dal collegio in Francia, mi iscrissi alla facoltà di informatica di Milano. Passai alcuni esami, ma presto compresi che seguendo quel percorso non avrei mai realizzato il mio vero sogno: creare videogiochi. Una notte, guardando Rai 3 e vedendo gli attori divertirsi nella LIIT (Lega Italiana Improvvisazione Teatrale), decisi di tentare anche io. Cominciai con un corso serale e da lì entrai nella prestigiosa scuola del Teatro Stabile di Genova.
Vi dico questo perchè, dopo essere entrato allo Stabile, fermai gli studi universitari e i militari si fecero ben presto sentire, per chiamarmi a fare il militare. Io, ingenuamente, dissi che frequentavo un'altra scuola. Ma quando dissi che era una scuola "di Teatro", la loro faccia fu più che sufficiente a farmi capire che mi ero infilato in un vicolo cieco.
"La tua scuola di teatro non è riconosciuta per il rinvio del servizio militare." Mi dissero. Al che, avendo io all'epoca la doppia cittadinanza italo francese (sono Nato a Parigi, mio padre è italiano e mia madre è Francese) risposi con un "Va bene, allora vorrà dire che lo farò in Francia."
Dovete sapere che in Francia il servizio militare era stato cancellato! E quindi ero convinto di essere sfuggito alla ferrea disciplina militre. Ma alcuni mesi dopo, una telefonata mi gelò il sangue.
"Visto che non fai il militare in Francia, lo devi fare in Italia."
Impossibile chiedere un permesso. Impossibile chiedere un rinvio. Il mio sogno di recitare si stava per infrangere davanti ad una burocrazia morente! Ero l'ultima leva a dover fare il militare! Cosa potevo fare? Avevo davvero una scelta?
Un avvocato mi disse che una soluzione c'era, ma non era molto semplice… avrei dovuto rinunciare alla cittadinanza italiana. Avendone due, non sarei finito apolide. Mi spiegò che avevo poco tempo, e che per farlo, dovevo andare all'ambasciata italiana di Francia, a Parigi.
Partii quindi da solo per Parigi e mi presentai all'ambasciata, vestito con una maglietta, un jeans i capelli arruffati e degli occhiali. "Voglio rinunciare alla mia cittadinanza italiana." dissi.
La segretaria mi guardò corrugando la fronte: "Va bene, puoi venire Giovedì prossimo." mi disse, fissandomi un appuntamento.
Il giovedì successivo quindi mi presentai in orario, pronto a firmare qualsiasi cosa per poter finalmente seguire il mio sogno. Entrai nel grande ufficio dell'ambasciatore, con una grande scrivania di mogano, sopra il quale c'era un grande documento, un foglio di carta enorme, con scritto sopra una miriade di cose che non lessi, tanto il succo quello era.
"Dove devo firmare?" chiesi. L'ambasciatore (credo che fosse lui) mi indicò il punto in cui firmare, poi la segretaria aggiunse. "Dove sono i suoi testimoni?""
"I miei cosa?" chiesi frastornato dalla notizia.
"I suoi testimoni. Servono due testimoni."
Deglutii. "Urca, non lo sapevo." Sembravo un film di Pozzetto.
Uscii dall'ufficio e cercai se ci fossero persone disposte a farmi da testimone per rinunciare alla cittadinanza italiana. Trovai una gentile coppia che si offrì di aiutarmi.
Insomma, firmai, e il resto della storia la conoscete, divenni un attore in Italia, e partecipo attivamente alla crescita artistica del paese che adoro, purtroppo non come italiano, ma come uno straniero.
Sembra un tema ricorrente della mia vita: sono straniero persino in casa mia.
Alla prossima pagina.