Oggi attraverso un momento di oscurità, sono stremato dalle mie avventure.
L’idea di scrivere un’altra saga mi pesa più degli altri giorni.
Capita, lo so, fa parte del gioco.
Gli americani lo chiamano “il grind”, quella cosa per cui ogni giorno, un sassolino dopo l’altro, si costruisce il grattacielo.
Con sudore, fatica e forza di volontà.
Lo diceva anche Paperon de’ Paperoni:
“Si diventa ricchi un centesimo alla volta.”
Ma che fatica.
Scrivere L’Anello è stata un’impresa mica da ridere.
In tutto, se dovessimo vedere la storia come un unico libro, parliamo di circa 280.000 parole, indicativamente 1.100-1.200 pagine.
E dalla scrittura alla pubblicazione sono passati circa 12 mesi.
Insomma, ho fatto uno sprint davvero intenso, e ora mi ritrovo un po’ sommerso da fatica, stupore e smarrimento.
Nonostante l’incredibile successo della saga, che si avvicina al traguardo ragguardevole di 10.000 copie vendute, non sono soddisfatto.
Chi mi conosce non penso si stupisca, ma in questo caso è una sensazione difficile da mandare giù.
Vorrei esserlo, davvero.
Ma l’impresa editoriale che sto costruendo, e che piano piano sta dando frutti, ancora non genera un raccolto sostenibile.
Vuoi perché ho appena iniziato, o perché ho scritto “solo” una saga, ma il cammino verso la famosa redditività è ancora lungo.
Potrei mollare tutto e accontentarmi.
Scrivere senza pretese, senza fretta, e lasciare che i miei testi vaghino liberamente, nelle mani di un editore terzo che ne possiede i diritti.
Ma non fa per me.
Ho raggiunto un’età in cui ho bisogno di sentire che lo sforzo che sto facendo elevi il mio operato.
Ho bisogno di sentire l’impresa scorrere nelle vene.
Chissà perché. Forse perché mio papà è un imprenditore.
E per osmosi, nonostante il mio percorso artistico, questo agente interno continua a desiderare maturità e successo.
L’imprenditore che c’è in me si è adoperato, negli anni, a saltare come una farfalla sui sogni dell’artista.
Con il desiderio di renderli grandi, unici, personali.
E ora, con davanti 4 volumi da scrivere della prossima saga, qualcosa in me è stanco.
C’è un Flavio, quello insoddisfatto, con le bretelle da magnate e il sigaro in bocca, che dice:
“No no. Ora tu ti fermi e vediamo come va questa cosa. Vediamo se questa saga dell’Anello è redditizia. Sennò, chiudiamo bottega.”
E poi c’è il Flavio con la barba lunga e le mani piene di inchiostro digitale, con idee a non finire, che si gratta il capo e dice:
“Ma no, vedrai, la prossima storia è quella giusta. Dammi retta, ce la faremo!”
Ecco, sono in mezzo a una trattativa tra le mie due anime.
Strappato tra sogno e concretezza, in bilico tra soldi e sogni.
I libri sono strani.
E penso che, come imprenditore, abbia ancora molto da imparare.
Per esempio, non so quanto resista l’interesse di un libro dopo la sua uscita.
Nel cinema e in molte altre industrie, il grosso delle vendite si fa nei primi giorni, poi arriva il crollo verticale, a causa della sovrapproduzione quotidiana.
Io sogno una crescita lenta e stabile.
Un modello di business sostenibile, in cui ogni saga raggiunga il proprio punto di redditività e non lo molli più.
Una proprietà intellettuale come un valore immobile.
Un “prodotto” che si autoalimenta, che resiste al tempo sia nei contenuti che nel modello imprenditoriale.
Questa è la più grande sfida che potessi accettare con me stesso.
Ancora non l’ho raggiunta, ma sono più vicino di quando ho cominciato.
E come diceva un tale:
“Poi ch’èi posato un poco il corpo lasso,
ripresi via per la piaggia diserta,
sì che ’l piè fermo sempre era ’l più basso.”
Alla prossima pagina.