La Perdita di Controllo

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La Perdita di Controllo
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Il controllo. Questo maledetto controllo.

C'è una pubblicità che dice: "La potenza è nulla senza controllo."

Ma è davvero così?

E se invece il controllo fosse proprio ciò che ci impedisce di esondare da noi stessi, di trovare parti nascoste, intime, sopite e potenti che abbiamo dentro?

Da millenni, tutte le società umane hanno instaurato, tramite riti, ricerca, droghe, farmaci, sistemi di controllo e di perdita di controllo. É insito dentro di noi cercare altro da quello che conosciamo. La vita è esplorazione, la vita è andare oltre. Ma la vita è anche regole, rispetto, ordine.

E l'arte?

Si dice che la materia grigia, l'ultima innovazione della biologia per quanto riguarda il nostro cervello, e quindi - si suppone - la punta massima dell'evoluzione percettiva, serva per affrontare concetti alti come la filosofia, l'arte, l'astrazione matematica. In ognuno di questi campi vi è un regno di conoscenza da scoprire che potrebbe essere inesauribile. Un prato di conoscenza vasto come l'infinito. Come potrebbe dunque il controllo permetterci di navigarlo?

Penso alle tre caravelle, all'errore che diede nascita al nuovo mondo. Un'illusione di controllo, basata su un'intuizione corretta, che però non aveva preso in considerazione la nostra incapacità di sapere cosa nasconde l'ignoto. In questo caso, un intero continente.

Colombo, quindi, navigava con grande controllo tecnico, altrimenti mai sarebbe stato capace di superare l'oceano, ma con anche una forte dose di follia - intesa come la convinzione di avere ragione. Questo, per sua fortuna, non lo portò al baratro di un mondo piatto, ma alla scoperta, appunto, del nuovo mondo.

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Come può l'artista scoprire nuovi mondi ed avere il controllo, se i nuovi mondi sono irreali, inesistenti, tangibili come i pensieri e i sogni? Si può davvero controllare la propria anima, le proprie emozioni, e allo stesso tempo navigare lì dove non ci sono regole?

Temo di no. Ed è questo lo scotto dell'artista. Perdersi nel proprio viaggio. Farsi trasportare dall'emozione, dal piacere, da tutte le vibrazioni che lo portano alla creatività, ma che permeano non i suoi fogli di lavoro, non le sue cartelle sulla scrivania, ma i suoi sentimenti, i suoi desideri.

L'artista vuole perdere il controllo. Brama quel momento in cui sa che ormai è troppo tardi, in cui non gli rimane che continuare ad immergersi nell'opera, che sia testuale, musicale, visiva, carnale. É in quella perdita di controllo che vi è il regalo, il dono che lascia nell'opera. É il suo segno.

Ma la difficoltà vera non è perdersi, ma ritrovarsi. L'artista, dopo essersi steso sui fiori dell'abbandono, tra i profumi di eros e thanatos, deve tornare qui, in questo mondo, per cercare altri orizzonti. E quel momento, quella recisione con un pezzo di sé, è difficile.

All'inizio della carriera è quasi impossibile e poi, con gli anni, piano piano, l'artista trova modi per mitigare il dolore della separazione, per rifiutare i canti soavi del desiderio di rimanere nella sua bolla e dimenticare tutto e tutti.

Piano piano l'artista si risveglia e si rende conto che sono state illusioni, proiezioni, vere come l'amore, tangibili come la morte. Una dicotomia percettiva che trova, con il tempo, un nuovo equilibrio, pronto ad essere di nuovo distrutto dalla prossima opera, dal prossimo desiderio.

Alla prossima pagina.

Articolo scritto da  Flavio Parenti
Sono un attore, scrittore e regista nato a Parigi e cresciuto in Italia. Ho lavorato in film, serie TV e teatro, collaborando con registi di fama internazionale. Sono appassionato di storytelling e amo sperimentare con diverse forme d'arte per raccontare storie.
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