Chi ha letto i miei romanzi sa che dentro vi è la mia recitazione, il mio desiderio. Chi ha ascoltato gli audiolibri ancora di più, poiché do voce al mio scrivere. Dicitore e scrittore, una cosa rara tra gli autori.
Ma chi mi conosce da veramente tanto tempo sa bene che la mia passione, forse seconda solo alla scrittura, è sempre stata la regia. Ho prodotto e messo online ben tre prodotti audiovisivi. Il primo era un film di “animazione” denominato Sogno Farfalle Quantiche, in cui raccontavo con estrema creatività visiva la turbolenta estate di Matteo e Flavio. Un filmino dell’estate con funghetti allucinogeni.
Poi ci fu #bymyside, una specie di "Aspettando Godot" urbano, sempre con gli stessi attori e compagni di vita, che mi seguirono anche in quella che fu poi la mia ultima impresa audio-visiva: Days, un film interattivo in cui, come in Rashomon, era possibile per lo spettatore, scegliere “chi” seguire dei personaggi. Un’interazione in cui ciò che cambia non è la storia, bensì il punto di vista. Andò bene, ma non abbastanza.
Del perché forse ne parlerò più avanti. Ora voglio concentrarmi su ciò che queste esperienze mi hanno portato nella scrittura.
Prima di fare questi film, dovete sapere che avevo fatto 4 anni di regia al Teatro Stabile di Genova, e altrettanti a fare da assistente alla regia di Sciaccaluga, Langhoff, Nichetti.
Insomma, ho la regia nel sangue. Ho visto tutto Kubrick più di una volta, amo l’estetica essenziale, la forma pulita.
Quando leggerete le pagine dei miei libri, ci farete caso. La regia è presente, e ha un sapore fortemente cinematografico, ne sono consapevole.
Ora sto scrivendo Il Labirinto della Speranza, e ciò che faccio, nella prosa, non è scrivere, ma descrivere. Cerco di raccontare, attraverso la parola, l’oggettività dell’azione. Per lasciare poi che il processo creativo avvenga nella mente di chi mi legge. Scrivere e leggere sono legate da un rapporto armonico. Io non sono che la scintilla che accende l’anima, il resto, il lavoro di immaginazione, lo fa il lettore. Per questo ogni lettura è diversa. Perché ogni lettore ha una sua tonalità di rosso mattone, ogni lettore vede la montagna innevata che taglia le nuvole in modo diverso.
L’uomo non è un animale pensante, ma sognante.
Il sogno emerge dalla lettura che gli dà spago.
Sempre più mi piace perdermi nella prosa, per poi, in editing, tagliarne una buona fetta per mantenere il giusto equilibrio, quello fondamentale, quello del desiderio di continuare a leggere.
Ah, giusto, la regia nella scrittura!
Ora, sopresa, come piccola anticipazione di cosa vi aspetta, vi lascio un estratto del Labirinto della Speranza, ditemi voi dove vedete la regia. Se la vedete. Poi vi rispondo nei commenti.
Piccola premessa, questa è una prima stesura, che ho cercato di formalizzare come fosse finale, in questo modo, vi darà una previsione anche di sensazione. Il contenuto potrebbe variare alla pubblicazione. Zero spoiler.
Erik arriva davanti alla porta del suo appartamento.
Gira le chiavi nella serratura.
Apre.
L’odore di muffa lo travolge. Pesante. Umido. Vivo.
Si ferma sulla soglia.
Un respiro. Un altro. L’aria entra a fatica nei polmoni. Troppo densa di passato.
Entra e chiude la porta alle sue spalle.
Un clic soffocato.
La polvere aleggia tra i raggi di luna che filtrano dai vetri opachi. Gli spifferi sembrano parlare, sussurrando ricordi sepolti. In quel silenzio, cantano gli echi di una vita. La risata di Alice in cucina. Il suono di un cucchiaino di plastica che batte frenetico sul tavolo. Il profumo del caffè.
Erik volge lo sguardo al corridoio.
Si avvicina.
Si ferma davanti a una porta. Ha un adesivo scolorito al suo centro. Un cuore rosso, fissato con puntine colorate.
Una scritta.
Alla prossima pagina. (Non è quello che c’è scritto)