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Chi mi conosce lo sa: ho fatto tanti lavori, soprattutto in gioventù, lavori creativi come assistente alla regia, autore, regista, montatore, ma anche lavori opposti alla direzione artistica che poi ho intrapreso.
Quando ero ventenne, ho fatto il cameriere per una stagione. Doppio turno, ristorante di pesce. L'anno successivo ho lavorato come magazziniere nella società di trasporti nella quale lavorava mia madre. Un paio di mesi difficili, ma utili. Ho anche fatto il tecnico luci in vari spettacoli teatrali, montaggio e smontaggio della scenografia. Erano lavori faticosi, che mi hanno insegnato molto sul valore che la nostra società dà alla fatica fisica: ben poco.
A scuola, non sono mai stato il migliore della classe. Anzi si, lo sono stato quando non serviva studiare, verso gli 8 anni. Mi bastava ascoltare per essere brillante. Poi, con il crescere dell'età mi sono allontanato sempre di più dalle cattedre e dall'interesse nel sistema scolastico. A parte alcuni maestri che - pur non essendo stato io il loro pupillo - mi porto nel cuore, i ricordi che ho delle aule scolastiche e del sistema nel suo insieme sono tristi: poco entusiasmo, poca passione, molta imposizione. Capisco che è nella natura dei sistemi essere così, ma non fanno per me. Ho un'avulsione naturale per il potere.
Ben presto ho capito di amare la pratica. Se posso applicare ciò che mi viene insegnato, allora ne divento ghiotto, mi entusiasmo e mi impegno molto di più. Ma se sono costretto a studiare qualcosa solo perché devo, senza ricevere un vantaggio diretto da una immediata applicabilità, allora perdo l'interesse.
È un limite, ne sono consapevole, ma sono fatto così. Non a caso ho cominciato a studiare davvero in età quasi adulta, quando le mie passioni erano emerse e stavo comprendendo cosa mi interessava approfondire. Studiare mi aiutava a precorrere la strada d'artista che sto ancora scoprendo.
Il lavoro e la passione... antagonisti che dovrebbero essere sinonimi. Il lavoro rientra nella sfera del "devo" mentre la passione in quella del "voglio". Come sarebbe bello se formassimo le nuove generazioni con l'intento di insegnargli ad unire queste due cose, invece di dividerli!
Come diceva Confucio: "Scegli il lavoro che ami e non lavorerai un giorno in tutta la tua vita." Facile da dire, ma non così facile da fare, perché la vera difficoltà è scoprire quello che ci piace. Perchè nel mondo ci sono così tante cose.
Come possiamo fare per scoprire ciò che amiamo?
Io credo curiosando tra le insenature della società, leggendo prospettive originali, camminando per le strade con il naso all'insù, guardando dove gli altri non vedono, e continuare la ricerca di cose nuove, facendo, giocando, scoprendo, cercando anche la crisi.
Perché così facendo, piano piano, seminerete piccoli segni apparentemente confusi sulla tela della vostra vita. Ma abbiate fiducia, vedrete che succederà qualcosa di magico: ad un certo punto, quei puntini si uniranno da soli e disegneranno il vostro destino.
Alla prossima pagina.