Quando ero piccolo, mia mamma mi faceva giocare a un gioco di associazione libera. Funzionava così: "Pensa a una parola e dilla, la prima che ti viene in mente". L'altro giocatore, dopo aver sentito la parola, doveva dire la prima parola che gli veniva in mente, connessa a quella appena detta. È un gioco di associazione libera, in cui, grazie all'istinto e al vocabolario, si possono allineare concetti che, se troppo ragionati, non finirebbero mai insieme. È un ottimo modo per fluidificare l'immaginazione e sviluppare quello che si chiama "pensiero laterale".
Il pensiero laterale è quella forma di pensiero che permette di utilizzare una conoscenza normalmente associata a un determinato campo del sapere, in un altro campo. Spesso le idee rivoluzionarie sono figlie del pensiero laterale. Persino le invenzioni lo sono. L'osservazione del mondo è il primo spunto di creatività, ed è anche quello più inesauribile.
Ma la fluidità di pensiero non basta per generare qualcosa di davvero nuovo. Serve anche lo studio. Prendiamo l'esempio del gioco che facevo da bambino: quale era, secondo voi, lo strumento utile a migliorare il gioco? Il dizionario. Più i giocatori conoscevano parole difficili, più il gioco si innalzava verso vette interessanti.
In effetti, basta pensare ai due giocatori. Immaginate di avere Platone e Kant che giocano a questo gioco, oppure Baudelaire e Dante, sarebbe interessante.
Dante: "Inferno"
Baudelaire: "Spleen"
Dante: "Maledizione"
Baudelaire: "Fleurs"
Dante: "Amore"
Baudelaire: "Desiderio"
Dante: "Beatrice"
Baudelaire: "Vampira"
Dante: "Lussuria"
Baudelaire: "Decadenza"
Dante: "Purificazione"
Baudelaire: "Abysses"
Dante: "Redenzione"
Baudelaire: "Noia"
Dante: "Eternità"
Baudelaire: "Ombra"
Dante: "Luce"
Insomma, ci sarebbero dialoghi da immaginare! Questo esercizio mi ha aiutato molto a dare flessibilità al mio modo di pensare. Credo che sia anche grazie a questo che sono riuscito ad applicare il pensiero creativo (nello specifico lo storytelling) a molti altri aspetti della mia vita.
Per esempio, quando fondai insieme a cinque amici Untold Games, una società di videogiochi, nel 2014, utilizzai tutte le tecniche attoriali che avevo a disposizione per vendere il gioco nelle fiere di Los Angeles e San Francisco. Non solo: il fatto di provenire da un mondo "classico" come quello del teatro e della letteratura mi dava un vantaggio anche nello storytelling, sia inerente alla storia del nostro primo videogioco, sia nel raccontare la nostra storia come team di sviluppo.
Non esistono conoscenze inutili per la creatività, se manteniamo una prospettiva aperta e fluida, proprio come quelle parole. Le start-up più innovative degli ultimi anni spesso sono collegate a campi come l'agricoltura, che per anni è stato messo da parte, considerato poco "moderno".
Ognuno di noi è un tesoro di conoscenza, un forziere pieno di perle di vita che non aspettano altro che essere infilate in una collana. È il motivo per cui spesso si suggerisce al creativo di "cominciare da ciò che conosce", non tanto per un fatto egotico di raccontare se stessi, ma per partire proprio da quelle caratteristiche che renderanno la sua invenzione unica.
Come diceva Carmelo Bene, e non smetterò mai di citarlo: "Siate voi stessi dei capolavori". Perché alla fine di tutto, il vero valore aggiunto non è l'idea, non è nemmeno la realizzazione, ma è la persona che incarna questi due aspetti.
Un altro modo di stimolare la nostra creatività è fare vuoto e recarci in un luogo a noi sconosciuto. Affidarsi a quello che io chiamo, nella divina avventura, "l'istinto della materia". Noi siamo fatti, come tutto, di materia. E questa materia ha una sua intelligenza. Non solo, ognuno di noi ha un'intelligenza unica, cucita addosso, e a volte, vuoi per paura o per destino, seppelliamo l'istinto della nostra materia dietro un costrutto sociale, allontanandoci da quello che è il nostro demone, inteso come animale interiore, compagno protettore (daímōn, dal greco).
Forzandoci a spostarci verso un territorio sconosciuto, stimoliamo una cosa di cui tutti hanno paura: la crisi. La crisi, per il creativo, è benzina. La crisi accende il demone che c'è in noi, e se ci siamo preparati bene (in sostanza, se abbiamo letto il vocabolario a dovere e imparato, quasi a livello muscolare, nuove "parole") allora in quel momento di crisi brilleremo di un'intensità rara, perché, con le spalle al muro, il creativo ben allenato dà il meglio di sé.
- Allenare il pensiero laterale
- Arricchire la tecnica
- Andare a giocare nella vera arena: quella della nostra crisi.
Ecco i tre passi fondamentali per creare insieme alla nostra anima..
Alla prossima pagina.