Stanotte mi sono svegliato con un pensiero fisso in testa. Vi capita mai? Come un ago acuminato, vi trafigge gli occhi e non vi lascia più in pace. Non era un pensiero nuovo, almeno non del tutto. Probabilmente lo avete già sentito, anzi, sicuramente. Vi è venuto a trovare durante la giornata, ma forse non lo avete ascoltato, lo avete ignorato, e lui, come un pensiero tenace, torna all’attacco nel momento più opportuno.
Quel momento della notte in cui finalmente si presenta sotto una luce diversa: un’illuminazione che sconvolge la quiete del sonno e vi ordina di alzarvi per cercare — ovviamente invano — di risolverlo, di trovare una soluzione.
Mi è successo proprio questa notte. Alle 4:20.
Mi sono alzato in silenzio e sono andato a sdraiarmi sul divano del salone, sperando di trovare nel mio telefonino un po’ di quiete. Figurarsi se i fotoni dello schermo OLED potevano calmare la mia mente.
Ho capito presto che era solo tempo perso, e per fortuna ho avuto l’istinto di tornare sotto le coperte, con però quella sensazione di aver perso qualcosa: un’occasione, una finestra, una prospettiva.
Devo dire che sul sonno sono un campione. Dormo anche con un trattore acceso vicino. Mi addormento ovunque: letti, divani, materassi a terra. Basta che chiudo gli occhi. Chissà perché. So che anche mio padre ha questo talento. Forse è genetico.
La cosa più intrigante di quel nuovo pensiero che mi colse fu l’incontrollabile consapevolezza che emerse dalla sua nuova luce. Era come se a quel punto non potessi più resistere, come se fosse diventato lo specchio di una mia paura profonda.
Cos’era?
La paura di essere «sostituibile».
Si dice che siamo tutti utili, ma nessuno è indispensabile.
È difficile accettarlo, ma spesso è così: l’uomo, l’artista, vive su un filo sottile, sospeso sopra il burrone della disoccupazione. Un giorno si mangia, l’altro si digiuna forzatamente. Il prezzo della libertà di seguire le proprie passioni.
Non si parla spesso dell’indigenza degli artisti. Sapete che sono la categoria più «povera» d’Italia, con un reddito medio annuo di 10.000 euro? Non è ovviamente il mio caso, e non sto certo facendo lamentele. Ma ci sono passato. Conosco quella difficoltà. E a volte, si sa, i fantasmi tornano a bussare. Spesso alle quattro di notte.
Quando si sale, bisogna fare i conti con la paura di cadere.
Parlando di salite, ho «scollinato» con la saga del Labirinto della Speranza. Sono oltre la metà, e il quarto volume si sta piano piano delineando nel suo scheletro. Sto lavorando alle copertine, alla descrizione del libro e alla strategia da adottare per pubblicare al meglio. Più avanti ve ne parlerò.
Si dice che recitare stanchi doni naturalezza. La mente, compagna dei pensieri, a volte ostacola l’emozione semplice della recitazione, il contatto con la propria anima. La stanchezza ha il vantaggio di relegarla in periferia, lasciando che sia il cuore a comandare.
Oggi ho cinque scene da girare, mi sa che mi toccherà giocare così.
Alla prossima pagina.