Giù le mani dal passato

Ho riletto il quinto volume de L’Anello di Saturno. La sua conclusione.

È un volume che ho scritto tempo addietro e, come sapete, ora sto lavorando su Il Labirinto della Speranza. Una saga del tutto diversa, con tempi, ritmi, personaggi e temi diametralmente opposti a quelli così morbidi de L’Anello.

Mi ritrovo quindi davanti a una vecchia fotografia di me. Non aggiornata al presente, mi rimanda a un me distante, diverso. Uno scrittore che cercava di espandere la sua prosa, di rallentare il ritmo del racconto, di indugiare nella descrizione, nella narrazione dell’umanità dei personaggi.

La tentazione di rimettere le mani sul testo per aggiornarlo al mio nuovo stile è forte, e devo resistere. Non tanto perché non sarebbe un miglioramento, quanto perché mi voglio imporre di rimanere fedele al me che ha voluto raccontare l’amore.

Rileggere il volume mi ha messo in una piccola crisi. Sono passati alcuni mesi, più di cinque, da quando l’avevo finito di scrivere, e il ricordo che avevo era diverso. Più forte, più intenso. Invece, ho trovato morbidezza, tranquillità.

In un certo senso, ne sono felice. È una piccola dimostrazione che la natura della saga de L’Anello di Saturno è autentica, genuina. Come può essere la risoluzione dell’amore vero, se non nella morbidezza tragica della nostra vita?

Come scoprirete, il quinto volume ha una sua natura particolare, intensa, autonoma quasi.

“Vive di vita propria”, si potrebbe dire.

Che bello rileggersi a distanza di tempo. Non tanto per osservare la prosa o la trama, ma per ricordare quel me che si struggeva nella scrittura delle parole. Per rivivere, in un certo senso, il Flavio d’un tempo.

La scrittura è un viaggio profondo, che non finisce con la fine del libro. Perché ogni libro è un eco di un frammento di me.

Un tuffo nel passato.

L’arte è uno specchio, davanti al quale l’artista ha l’opportunità non solo di esplorare il mondo attorno a sé o il proprio mondo interiore, ma ha la fortuna di vederne una manifestazione tangibile, reale.

Una proiezione in carne, che gli ricorda chi è, da dove viene, cosa ha fatto per arrivare al presente.

Può essere una prigione come un’opportunità.

Un mio maestro mi diceva spesso che “non bisogna affezionarsi alle proprie idee”. E questo vale anche per le parti di noi.

E rileggendomi, provo grande tenerezza per il me che ero, che sono e che, spero, sarò.

La mia nuova saga

Sto completando la primissima stesura del primo volume della saga "Il Labirinto Della Speranza".

Parliamo di un testo non coeso, pieno di errori e strafalcioni. Ma è giusto che sia così. Prima si rigurgita un prodotto informe che poi, con arte, sapienza e pazienza, verrà cucito di bellezza e diamanti.

Sono al piano terra del mio palazzo.

Le fondamenta le ho elaborate per sei mesi: ho scritto, riscritto e riscritto mille volte la “storia”, quello che poi sapevo di dover affrontare nella scrittura della pagina.

Ogni saga, ogni libro, è prima di tutto una storia.

Una storia “grande” che può essere raccontata fuori dalle pagine del libro.

La mappa, se vogliamo. Le pagine sono il territorio nel quale lo scrittore scopre e disegna i dettagli di un mondo immaginato.

Ora sono in questa fase.

Ed è una fase incredibile, emozionante e difficile.

Incredibile, perché aperta allo stupore. Apro una porta ma non so cosa c’è dietro.

E sono io a dovermelo immaginare. È un confronto diretto con l’ignoto, una sorta di rincorsa verso qualcosa che non esiste ma che, nel momento in cui lo rincorriamo, si scrive, si crea.

Emozionante, perché mi ritrovo a rivivere pezzi della mia vita, traslati nelle vesti del protagonista, o dell’amico, o di un personaggio secondario.

Mi specchio, piango, rido, vivo la scrittura come fosse un pezzo di vita surreale, immaginato ma tangibile.

Difficile, perché la coesistenza di creatività e struttura dà adito a un dilemma che sa quasi di follia.

Vi spiego.

Ho una storia, che ha un inizio, un centro e una fine, come direbbe il buon vecchio Aristotele.

E fin qui, tutto bene. Facile. Sono in controllo. Certo, magari cambio una cosa piuttosto che un’altra, rimodello, invento.

Le idee a questo “livello” costano poco: sono cinque parole in più o in meno.

“Prende l’aereo e scappa” oppure “La bacia, rimane e si sposano”. Poche parole, un’infinita differenza.

Ma poi, arriva il momento in cui la storia è pronta ad essere distrutta dai personaggi.

Ah, i personaggi.

All’inizio sono qualcosa di ideale, che esiste appunto in quelle poche parole che definiscono la storia.

Per me, i personaggi sono definiti dalle azioni che prendono nella mia storia.

Ma poi, quando li scrivo, ecco che succede una specie di guerra tra il mio volere (la storia) e il loro volere!

Come anguille sgusciano, fuggono dalle mie redini, almeno ci provano.

E io, per non rompere il mio legame con loro, li assecondo.

Ma a volte tirano forte, fortissimo, verso un luogo in cui non possono andare!

E lì inizia un processo difficile, di compromesso tra il loro volere e il mio.

Ecco, sono lì, nella scrittura.

La saga prende forma.

Sarà molto diversa da L’Anello di Saturno.

Più oscura, più occulta, più veloce. Un labirinto nel quale spero di farvi entrare, divertire e, chissà, uscire diversi.

Sinfonia di Parole

Amo la musica. Sorgente pura di emozioni. Per questo mi piace quella strumentale, più che quella cantata. Mi piace lasciarmi andare senza filtri all'interno di un flusso di composizione, che sia di musica classica o elettronica.

Chi ha letto l'articolo precedente sa che ho finalmente finito l'Anello di Saturno. Completare un'opera è un momento incredibile. Erano le dieci di sera, avevo messo Elettra a letto e Eleonora era a un DJ set. Ero quindi da solo in casa, luci spente, davanti al mio gigantesco monitor. Sapevo di dover affrontare la fine di tutto. Ero emozionato, ma allo stesso tempo avevo una voglia matta di arrivare a quel punto.

Organizzo nei minimi dettagli la mia scrittura. Scrivo a blocchetti, e se dovessi farvi vedere le strutture che sottostanno alla mia scrittura, penso che verrei preso per un pazzo. La cosa bella è che questa struttura che produco poi muta, si modella a seconda di dove la storia va a parare. Nei primi quattro volumi, sapevo con precisione come sarebbero finiti, ma ero aperto a ogni idea, a ogni mutamento, perché credo nel processo organico di creazione. Io, nel frattempo che scrivo, cambio, muto, assorbo nuove informazioni, nuove idee e quindi anche la mia scrittura, di rimando, muta.

Ma per il quinto volume era diverso. Il quinto volume è stato, per me, un vero e proprio atto di coraggio, perché si tratta di un'opera conclusiva, che non apre nessuna parentesi, ma che tenta di chiuderne il più possibile, dando un senso profondo alla storia.

Non è facile scrivere un finale di 250 pagine. Almeno, non lo è stato per me. Difatti, il quinto volume ha richiesto più tempo degli altri per essere completato. Quando lo leggerete comprenderete il perché. È il volume più delicato, più semplice e più "normale" dei cinque. Eppure, per me, è quello più magico.

Insomma, mentre scrivevo queste parole finali, avevo messo alcuni brani a me cari per accompagnarmi in quell'emozione. Uno su tutti era "A mano a mano" di Cocciante, che poi sarà presente nella saga.

Ma non solo, ci saranno, in ogni volume, dei brani musicali italiani e non, a disegnare i tempi e le emozioni della storia.

Nel primo volume, durante la festa dopo la sagra, ecco che spunta: "This is the rhythm of the night", super anni '90!

Nel secondo volume, troverete (non vi dico dove): "Ti amo" del grandissimo Umberto Tozzi.

E poi molti altri. Un brano che secondo me incarna l'emotività e le tematiche di questa saga è "Only Time" di Enya.

Insomma, un pezzo bellissimo, emotivo, che ascolto e ogni volta mi commuove. lavoro anche con la musica. Sicuramente questo è dovuto al mio retaggio cinematografico e teatrale, in cui la musica è la perfetta sostenitrice dell'emozione umana. E l'incastro perfetto tra immagine, musica e recitazione genera quel momento unico, magico, a cui ogni artista ambisce.

Ma non è perché ho finito l'ultimo volume della saga che è finito il lavoro. Ora c'è l'editing del terzo volume, poi il quarto, poi il quinto. Gli audiolibri. E il marketing! E le fiere! Insomma, di lavoro ce n'è. Ma qualcosa, dentro di me, già pulsa di desiderio di affrontarne un'altra saga.

Stavo pensando di scrivere 5 soggetti e poi sottoporli alla vostra votazione. In questo modo, potrei avere un'idea di quale di quei soggetti sembra generare più interesse e poi comincerei a lavorare su questo. Vi piacerebbe l'idea? Sarebbe sicuramente un modo innovativo e creativo di cominciare un lungo lavoro di storytelling.

Fatemi sapere nei commenti se siete interessati.

"L'anello di Saturno" - Un'Avventura d'Amore, Destino e Tempo

Oggi ho fatto una scelta importante, che definirà i prossimi anni della mia vita. Ho deciso che il prossimo libro non sarà uno, come avevo previsto, bensì 5. La sotira ha un respiro così ampio che non voglio relegarmi ad un volume soltanto. Questo ovviamente è una scelta difficile, perchè significa scrivere e strutturare una storia che possa reggere per ben 5 libri da 200-250 pagine l'uno. Insomma, mi sto imbarcando in un'odissea mica da ridere che richiederà almeno un paio di anni per essere completata.

Proverò ad andare il più velocemente possibile, anche perchè non amo perdere tempo, ma visto che ormai mi conoscete, sono un perfezionista, quindi non intendo pubblicare nulla fino a che almeno i primi 3, forse 4 libri sono pronti. Temo che questo significa che per il tempo a venire, il diario sarà il mio modo di aggiornarvi in quella che sarà certamente l'avventura più complessa, dal punto di vista narrativo, che abbia mai affrontato.

Ho già la storia, che parte dal primo libro che stavo scrivendo. Arrivato a metà del libro, mi sono reso conto che volevo espanderlo, che aveva bisogno di più spazio. Quindi mi è balenata l'idea di procedere a divedere il libro in due volumi. Ma a questo punto, qualcosa dentro di me è scattato, e mi sono detto - se non lo faccio ora, quando lo faccio? - e quindi, 5 volumi, storia d'amore epica tra destino e tempo.

Ho strutturato i cinque volumi in una notte, ho deciso cosa sarebbe successo in ognuno di essi. Questo fine settimana dovrei riuscire a completare la prima stesura del primo volume, il che mi darà un aiuto per non sentirmi perso davanti a questa montagna da scalare.

Perchè l'ho fatto?

Perchè, in un certo senso, sono consapevole che la mia scrittura è ancora compressa. Che ciò che ho detto nella "Divina Avventura" sarebbe potuto essere sviluppato tranquillamente in una trilogia, dando ampio spazio ai personaggi, ai luoghi, alle storie del passato, etc etc. In questo sono pessimo, tendo a non spiegare, perchè mi sembra così evidente che temo di essere didascalico e pedissequo, invece poi scopro che sono ermetico e arrogante.

Insomma, a questo giro invece, sarà la fiera dello spazio, del godere e della descrizione. Voglio prendermi il tempo di scrivere senza fretta, senza quel desiderio di ottimizzazione che a volte mi fa uccidere semi che sarebbero potuti diventare meravigliosi alberi se solo avessi creduto in loro. A questo giro, colgo tutto, pianto tutto, evviva!
Il progetto per ora ha un titolo provvisorio : "L'Anello di Saturno" e sarà, come accennato, sviluppato in 5 volumi, ognuno il prosèguio del precedente. Non saranno episodi, ma bensì una saga. Immaginate una serie, di quelle che hanno la storia che procede in avanti. Ecco, 5 stagioni. Voglio prima concludere tutti i libri per poi poter uscire con ogni volume ogni 3 mesi. Così da creare una piacevole anticipazione, un desiderio di saperne di più, di sapere come andrà a finire questa storia che ho creato.

Il primo volume, ovviamente in stato estremamente grezzo, è il tassello fondamentale. In esso presento i personaggi principali, i temi e gli oggetti che saranno poi sviluppati nei volumi successivi. Ho le idee chiare e vi prometto che non vi deluderò. Ma vi chiedo solo di essere pazienti. Nel frattempo, potete (ri) leggere la "Divina Avventura", oppure - se già lo avete fatto - suggerirla ai vostri amici, regalarla a nipoti, figli, fratelli etc etc. Più siamo, più l'avvento dell'"Anello di Saturno" sarà speciale.

Detto questo, torno a scrivere che qui se non mi sbrigo divento vecchio prima di concludere!

In viaggio verso il mio nuovo libro

Ho iniziato a scrivere il mio prossimo libro. Nei mesi a venire, il mio diario d'artista, noto per tracciare le mie personali idiosincrasie relative ai pensieri più o meno ortodossi dell'arte, si trasformerà in un luogo dove condividerò non la trama del libro, ma le sensazioni e le emozioni che la scrittura mi suscita.

Mi trovo attualmente in una fase successiva alla strutturazione della storia, su cui ho lavorato per più di un mese. Avevo già un'idea in mente e, qualche mese fa, in aprile se ricordo bene, mi sentivo spinto dal mio solito impulso di dover fare qualcosa, e decisi di iniziare a scrivere il mio secondo libro. Addio Avventura, benvenuto Amore!

Tuttavia, non posso ancora concludere. Devo seguire la Divina Avventura, difenderla per mesi come Don Chisciotte e i suoi mulini a vento. Non mi fermerò fino a quando non li avrò sconfitti! Sono perfettamente consapevole che stanno solo girando al vento, non sono mostri. Ma credo che anche Don Chisciotte lo sapesse.

In termini tecnici narrativi, mi trovo in quella fase denominata "il momento del vomito", dove tutto viene estratto e, anche se può sembrare disgustoso, non importa perché il vero lavoro viene dopo.

Il vomito, questa parola evoca immediatamente un senso di disgusto, un colore nauseabondo. Eppure, il vomito è un atto primordiale, indispensabile per l'artista. Non c'è arte senza vomito, poiché l'arte, tekne, tecnica, è proprio la scienza che trasforma il piombo in oro. In alchimia, esiste la "prima materia" (chi ha letto La Divina Avventura alzi la mano!) La prima materia - in alchimia - è il materiale nella sua forma più pura, da cui, attraverso vari processi, si può estrarre "l'oro", cioè la sua essenza.

Lo stesso processo si verifica nell'artista, che, dopo aver delineato il quadro generale (o piccoli dettagli, a vostra scelta), intraprende un viaggio dentro se stesso e vomita, estraendo frammenti di memoria, tempo, dolori e piaceri, da incastonare nella corona che sta forgiando per i suoi re: gli spettatori.

Oggi ho "vomitato" il primo capitolo, mi sono immerso in un "io" che so essere esistito, ma che ora è diverso, eppure così simile.

Sono Luca, sono Tancredi, sono Edoardo, sono Lorenzo. Ma, in fondo in fondo, sono Flavio.

La struttura della fantasia

Come vi ho già accennato in passato, sono un po' un misto di umanesimo poetico e Nerdaggine infernale. Amo volare con la fantasia, leggere i classici dell'800 e giocare ai videogiochi. Sin da quando mio papà mi ha portato a casa il primo computer, è stato amore a prima vista. Ancora oggi, me li assemblo da solo.

Ma veniamo al dunque: come scrivo le mie storie?

Inizio con un brainstorming senza limiti e senza strutture. Immagino cose che mi piacerebbe scoprire, viaggio con la fantasia. Poi, piano piano, mi faccio un'idea del mondo, comincio a pensare a cosa è successo, immagino la gente, come si veste, le arti che ascoltano, i loro valori, i loro desideri. Quando ho un'immagine più o meno chiara, comincio a pensare alla storia. Rimango molto generico, ma cerco di trovare un obiettivo, qualcosa che il mio protagonista deve raggiungere. Qualcosa che sia conflittuale, ma bello.

A questo punto, comincia la fase di strutturazione della storia. Strutturo tutto fino al paragrafo. Sì, lo so, sembro pazzo! Dopo tre mesi di lavoro, ho una struttura definita che mi indica quello che succede con una cadenza di "paragrafo". La bellezza di 500.

Poi comincia la fase di scrittura creativa. Io preferisco scrivere a mano, usando il mio fedele Remarkable, un foglio digitale, in modo da risparmiare preziosa carta. Ogni giorno scrivo i paragrafi che mi sono dato, circa 5 al giorno, fino a che, dopo 100 giorni, ho la prima stesura. Che fa schifo.

Ma a questo punto ho una mezza idea di cosa sia la storia che voglio raccontare. Quindi cosa faccio? Butto tutto e ricomincio da capo, con la conoscenza acquisita. Riscrivo la struttura, riscrivo i capitoli, riscrivo tutto e pesco, quando serve, qualcosa di buono che era nato durante la "brutta".

A questo punto, dopo un milione di giorni e mal di schiena a gogo (scrivere fa male alla schiena, sappiatelo), ho una seconda stesura decente, che fila diritto al mio editor di fiducia (di cui vi parlerò un giorno. Genio.)

É così che ho immaginato il regno di Baltica, una città cinta di bianche mura, una società pacifica, alla ricerca perenne della perfezione, sempre in contemplazione dell'Eden. É così che ho immaginato il mio narratore, un uomo anziano e imperfetto, ed è così che ho immaginato il mio giovane protagonista, un orfano violento, cresciuto nel deserto. Ma questa, si sa, è un altra storia.

Infine, vorrei lasciarvi un consiglio personale: non esiste un metodo di scrittura perfetto. Ognuno ha il proprio stile e il proprio modo di lavorare. Ciò che conta è trovare quello che funziona meglio per noi e che ci consente di raggiungere i nostri obiettivi. Non abbiate paura di sperimentare e di provare cose nuove. La scrittura è un'arte che richiede tempo, pazienza e dedizione, ma anche un po' di follia e di fantasia.