La rivoluzione in corso

In questi giorni, finito Il Paradiso delle Signore, ho approfittato per recuperare un po’ di contatti con la mia famiglia, sparsa tra Italia e Francia.
Sono andato da mia sorella. Lei fa un lavoro incredibile, è un’infermiera. Di quelle che stavano in prima linea durante il Covid, alle quali tutti inneggiavano balletti e promesse di aumento. Potete immaginare come sia andata a finire.
Ma non è questo il punto.
Parlando con lei, è venuto fuori l’argomento dell’intelligenza artificiale. Come sapete, ci lavoro da ormai più di quattro anni. Il mio approccio è prettamente artistico, cerco di comprenderne le potenzialità, i limiti.
Lei lo ha usato per organizzare il suo viaggio:
“Voglio andare lì, organizza qualcosa che sia X, Y, Z.”
E ovviamente ChatGPT ha organizzato tutto perfettamente, come un bravo assistente.
E mi sono detto:
“Pensa, il suo lavoro, che è a stretto contatto con gli esseri umani, è uno dei pochi che non ha un reale vantaggio se viene coadiuvato dall’implementazione di ChatGPT.”
Questo vuol dire che il suo settore non verrà segnato così tanto dalla rivoluzione in corso.
Non è un discorso nuovo, ma è bene ribadirlo: i lavori che richiedono il tocco umano, che sono i lavori di prossimità tra esseri umani, non saranno in crisi, anzi.
Se posso fare una previsione personale, penso che nei prossimi 5-10 anni ci sarà la fila per fare questi lavori, perché saranno meglio remunerati e più ambiti. Insomma, il panorama cambierà nettamente.
Ma per quanto riguarda i lavori intellettuali?
Quelli che richiedono conoscenza di regole, logica, insomma, quelle cose che l’IA sembra fare benissimo?
Cosa succederà a tutti questi lavori che beneficiano enormemente dell’apporto dell’IA?
Penso che in questo caso, come dice il CEO di Nvidia, non sarà l’IA a rubare il lavoro, ma le persone che la usano.
Come se, nell’arco di pochi anni, gli LLM fossero diventati qualcosa alla stregua del computer o dell’elettricità. Strumenti che ci aumentano.
Sarebbe facile pensare che il nozionismo, la conoscenza in generale siano diventati merce di poco valore, dato che si può accedere a tutto con un clic o una chat.
Ma non è così.
E vi spiego il perché.
L’IA non fa altro che restituire la risposta statisticamente più corretta alla vostra domanda, usando come bacino di informazione tutti i dati a disposizione.
Una specie di Internet in scatola.
Seguendo questo ragionamento, ciò che farà la differenza nell’output non è l’IA, ma la qualità della domanda.
Si ritorna all’uomo come cuore dell’intento.
Senza l’uomo, l’IA rimane ferma.
È l’intento umano, il desiderio di scoperta, di trasformazione, ad animarla.
E come si migliora una domanda?
Come si fa a fare domande e richieste sempre più specifiche, acute, profonde?
Studiando.
Studiando come non mai.
Filosofia, lessico, ragionamento logico.
Tutto fa brodo.
Solo così sarà l’IA a lavorare per voi.
E non il contrario.

Il valore della vita

Ieri, come ogni sera, vagavo per la rete alla ricerca di informazioni su quello che sta succedendo.

Sono un amante della tecnologia e della modernità. La temo, e quindi la frequento: per non perderla di vista, per immaginare il mio futuro.

Cosa mi succederà?

Chi mi legge conosce il mio interesse e timore per l’intelligenza artificiale. Siamo agli albori di qualcosa che sta già rivoluzionando i processi, sia industriali che creativi.

I grandi modelli di linguaggio, macchine pensanti e presto capaci anche di agire (Agentic AI, per chi fosse interessato), stanno prendendo possesso di ogni dimensione umana.

Siamo cresciuti con l’idea che “il lavoro nobilita” e che “l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro”, ma se ciò che so fare può essere sostituito da una macchina, il mio futuro dov’è?

La macchina può scrivere, può persino recitare.

Può prendere il mio volto e metterlo su qualsiasi attore di qualsiasi film. Potrà, a breve, generare film con me, o voi, dentro. E sarà credibile.

La macchina lavora con i dati, tantissimi, e genera quello che si potrebbe definire, platonicamente, un ideale.

Se chiedete alla macchina di generare un albero, proporrà un’immagine che è la sintesi di tutte le immagini di alberi prodotte nel corso della nostra storia: fotografie, disegni, immagini di sintesi.

Se le chiederete di scrivere un libro, una serie o un film d’avventura, produrrà un prodotto perfetto, misurato al punto giusto, calibrato secondo gli archetipi che hanno colmato la nostra storia culturale.

Produrrà l’ideale.

Come posso lottare contro l’ideale? Io che sono fallibile, caduco, soggetto al tempo e alla morte?

Io che non so tutto, che non ho accesso a ogni pezzo di conoscenza umana. Io, ignorante, stupido e mortale.

Con la mia ignoranza, la mia stupidità e la mia mortalità.

Perché esse sono ciò che fanno di me un essere vivente, in continua trasformazione. Come voi.

I miei limiti, la fame di conoscenza, la consapevolezza della fine.

Sono queste imperfezioni, difetti, tratti—chiamateli come volete—a rendere la vita un percorso in divenire. Una Divina Avventura.

Perché chi “ignora”, rischia. Chi è “stupido”, sbaglia. Chi è “mortale”, corre.

Rischiare. Sbagliare. Correre.

I motori della vita.

E anche della mia arte, che spero sia la testimonianza autentica di questi miei “limiti”, dei miei sogni, della mia ambizione di comunicare e di emozionarvi.

Se c’è una cosa che la macchina non potrà mai essere, è essere umana.

Quindi abbracciamo questa nostra umanità, infiliamoci tra le pieghe della razionalità e sdraiamoci a sognare quello che non può esistere.

Ma che sicuramente esiste.

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L'arte dei sogni

Mi piace sognare, immaginare, proiettarmi in mondi che non esistono ancora e che, con la volontà e un po' di caparbietà, possono trasformarsi in realtà.

La mia indole—un po' come quella di Luca nell’Anello di Saturno—è sempre stata quella di un’anima che fugge dal reale. A volte per eccessiva sensibilità, a volte per vera e propria misantropia. Che ci posso fare? Amo la solitudine, amo vagare nel vuoto, senza meta, con occhi e orecchie ben aperti, alla scoperta di qualcosa che mi apra nuovi mondi.

I sogni, gli incubi...

Oggi voglio affrontare questa dimensione magica nella quale proiettiamo tutto noi stessi. Che esperti filosofi, psicoterapeuti e scienziati hanno provato a decodificare, ma senza successo. Cosa sono i sogni? A cosa servono? E soprattutto, che impatto possono avere sulla nostra creatività?

Comincio con quello che per me è un dato di fatto. Più cresco, più i miei sogni si fanno ad occhi aperti piuttosto che nel sonno. Da piccolo avevo una relazione complice con i miei sogni; riuscivo, quando qualcosa interrompeva il mio sonno, a riprenderli, proprio come il secondo tempo di un film. Era molto divertente. Succedeva, per esempio, che vivevo una storia nella quale ero protagonista di un evento fantascientifico e, mentre mi avvicinavo alla base dove avrei scoperto un grande mistero, ecco che qualcosa, o qualcuno, all'interno del sogno mi metteva paura. E mi svegliavo. Ma, troppo curioso di scoprire come sarebbe andata a finire, mi rituffavo nel sonno per completarlo.

Un’altra cosa peculiare che mi succedeva era che i miei sogni avevano una "intro". Cominciavano spesso nello stesso modo: un corridoio allagato, io su un tronco che galleggiava verso la fine del corridoio, dove mi aspettava un grande orologio a pendolo. Ci finivo dentro, cadevo nel buio e mi ritrovavo in una gigantesca scacchiera. Da lì, la mia storia cominciava.

Ho sempre sognato storie. Con, come avrebbe detto il caro Aristotele: "un inizio, uno sviluppo e una fine".

Gli incubi, invece, sono sempre sfuggiti al mio controllo. Non sarebbero stati veri e propri incubi se fosse stato il contrario. La paura cos’è se non la consapevolezza di non avere alcun controllo sugli eventi? I nostri incubi sono la proiezione di tutto ciò che ci perseguita.

Se i sogni sono desideri, gli incubi sono paure.

Desideri e paure. I due magneti dei grandi personaggi della letteratura. Credo che una domanda meravigliosa da porci quando affrontiamo la creazione dei personaggi sia chiedersi cosa sognano e quali sono i loro incubi. Questo ci impone una consapevolezza diversa della loro umanità, che poi si rifletterà nel modo in cui reagiranno alle sfide che la storia gli imporrà.

La funzione dei sogni nella creatività è molto simile a quella dell'arte. I sogni ci manifestano qualcosa che abbiamo dentro. Sono una proiezione del nostro mondo interiore in una forma codificata, "comprensibile" a livello conscio. Che è esattamente quello che dovrebbe essere un'opera d'arte. L'artista, nell'atto della creazione, attinge al mondo oscuro, al numeno, e manifesta quella visione attraverso la tecnica, in una forma detta "artistica" (che sia un dipinto, un film, una poesia, un tempio, ecc.).

I sogni sono la prima vera forma d'arte. Un'arte personale, intima, che serve a conoscersi, a scoprirsi, ad ascoltarci. Sono la bussola dell'anima che ci indica, attraverso un processo del tutto personale ma perfettamente calibrato alla nostra essenza, quale sia la strada da percorrere o da evitare.

I sogni siamo noi.

Chissà, forse un giorno potremo, grazie alla tecnologia, invitare qualcuno a sognare insieme a noi, sognare collettivamente. Forse in quel momento, quando i desideri di tutti si fonderanno con le paure degli altri, allora l'umanità troverà un suo equilibrio.

Nel frattempo, tocca a noi artisti creare questi ponti. Generare, attraverso un percorso di scoperta, un sogno, un incubo e fissarlo, proprio come una fotografia olografica, su tela, su carta, sul mondo, in modo tale che qualcuno, chiunque, possa avere l'opportunità, incontrando l’opera, di sognare un frammento di noi.

Si dice che l'arte unisce i popoli e penso che sia proprio questo il motivo. Perché, come su una nave in tempesta, l'artista tesse corde robuste che legano gli uomini tra di loro, permettendo loro di comprendere che quella solitudine che sempre li attanaglia continuamente è un’illusione. Che i loro sogni non sono tanto diversi da quelli degli altri, e lo stesso si può dire delle paure.

Quindi, sognate, sognate ad occhi chiusi e aperti. Sognate per creare ponti che possano irrigare il cuore dei nomadi che attraversano, nel tempo di un lampo di eternità, questa meravigliosa illusione chiamata vita.

L'intelligenza creativa

Si può essere razionali e creativi al contempo?

Pochi giorni fa, proprio su queste pagine del diario, ho avuto uno scambio molto interessante su due termini vicini ma così distanti: artista e artigiano. Spesso il primo viene identificato con il genio e la sregolatezza, il secondo con il metodo e la maestria del gesto.

Dicotomie perenni anche nella mia mente. Sono un artista o un artigiano? Sono un creativo o un razionalista? Penso entrambi e ritengo, soprattutto, che entrambe le strade siano necessarie per la crescita di una consapevolezza artistica che vada oltre la semplice emozione o il semplice pensiero.

La scrittura è un pensiero emozionante. Una forma sublime di crasi tra la logica e il cuore. Nell'atto di scrivere mi succede di passare ore su una virgola, su una parola. E poi, un demone mi attraversa e comincio a scrivere per ore, senza rileggermi, defluendo qualcosa che aspettava di emergere. Mi piace pensare che sia la mia anima che nuota nel numeno e che mi spedisce forme e concetti inespressi, affinché la mia mente razionale possa in seguito dare loro una forma intellegibile, semplice, fluida.

È un'illusione della mente? Esiste davvero qualcos'altro, più grande di noi, che ci attraversa? Non ci sono risposte, ma solo domande. E io, come immagino si evinca da queste pagine, ne sono avido.

Da millenni, grazie alla tecnologia, l'uomo razionalizza tutto. La scienza, con il suo incessante sviluppo, continua a incasellare la realtà, a definirla in maniera ripetibile, inequivocabile, alla ricerca di quella formula che tutto include. Le macchine, ultimamente – parlo degli algoritmi di LLM – sono capaci di razionalizzare ogni campo dello scibile umano, di comprimerlo e riproporlo in infinite varianti. Ma si tratta sempre di ciò che già conosciamo. La scienza è l'analisi di un percorso già fatto. Il percorso verso l'ignoto, però, spetta a noi uomini, non alle macchine. Queste ci aiutano a camminare più velocemente, a viaggiare tra le stelle. Ma il percorso di scoperta, che mai finirà, è nostro e solo nostro. E l'artista, in questo, è uno di coloro che porta la fiaccola, che esplora non il macrocosmo, ma il microcosmo dell'anima interiore, dell'umanità che in noi ci accende.

In sintesi, quello che sto dicendo è che la vera intelligenza non sta nella capacità di rispondere alle domande, ma piuttosto nel saperne fare di nuove. Il percorso verso una nuova risposta, che la scienza non conosce, ci porterà a una possibile soluzione ed è vitale, potente, necessario. Ed è questo percorso che ci identifica come quella meravigliosa specie di Homo Sapiens che vive in un granello blu in mezzo a un oceano infinito di stelle.

Scienza e arte, matematica e filosofia, fisica e umanesimo: due facce della stessa anima. La nostra.

Vivere Il Futuro

Il 2024 sembra fantascienza, altro che "2001 Odissea nello spazio".

Mi sento in un mondo che sta cambiando velocemente, così velocemente che penso di perdere la maggior parte degli eventi che verranno davvero ricordati. Tento in tutti i modi di stare al passo con il progresso. Chi mi conosce sa del mio penchant tecnologico. Sono figlio di un informatico e la scienza in generale mi affascina: quella delle stelle, la fisica, la biologia, la tecnologia. Tutti campi che sono esplosi negli ultimi secoli e che ora, grazie all'avvento di elettricità, transistor, microchip, stanno diventando qualcosa che sembra non avere più limiti. Sembra che tutto sia a portata di mano. Viviamo in un presente giá nel futuro. È una cosa stupenda, per me bambino che adoravo la fantascienza, è un'esperienza magica, che tra l'altro, mi rendo conto ora scrivendo, è la stessa che ha, in un certo senso, il protagonista maschile de "l'Anello di Saturno".

Si chiama Luca. Avrò modo di parlarne.

Insomma, cosa ci aspetta in questo 2024? Altre guerre? Un nuovo social network? Una nuova influencer? Che bello sarebbe se invece di tutto ciò, avessimo di fronte mesi pieni di gente che fa la pace, di bambini che cominciano a giocare con la natura, e di avere, in prima serata su Rai Uno, qualcosa che ci faccia davvero, e dico davvero, rimanere incollati allo schermo.

Sono un po' saturo di film e di serie TV. Forse perché sono bombardato di serie dall'avvento delle piattaforme, ora ce ne sono più delle M&M's nel mondo. E si sa, se un prodotto si moltiplica, il suo valore diminuisce… E soprattutto, le M&M's dentro, sono tutte uguali. Certo, cambia il colore, giallo, rosso, blu, verde ma in fondo, sempre una nocciolina, cioccolato e zucchero sono. Ecco, molte serie e film degli ultimi anni mi danno un po' questa sensazione. Quanto mi piacerebbe perdermi di nuovo in un "Breaking Bad", "Lost", "24" o nella magia dei film di Spielberg e Zemeckis degli anni 90.

E poi, mi sembra che tutto venga venduto come un capolavoro. Il marketing la fa da padrone, e quindi tutti si sentono in obbligo di sbracciare per farsi vedere. Siamo come al mercato: "Coccooo!" "Patate buonissime!" ma invece del gusto al palato, si urla al capolavoro.

Ma in questo entra in gioco il giudice supremo: il tempo. Il tempo è tiranno, ma è anche giusto. Il tempo decreta - nel tempo appunto - il vero valore intrinseco dell'arte. Non a caso molti geni sono morti poveri. Mozart in una fossa comune, Van Gogh nella miseria e molti, molti altri.

Come fare, quindi, per fare pulizia di tutto questo caos che subiamo quotidianamente? Io fuggo, mi rifugio dentro la mia immaginazione, o tra gli abbracci di mia figlia, della mia famiglia, e mi piacerebbe anche di più dei miei genitori. Che non vedo abbastanza. Ecco, nel 2024 voglio vedere di più i miei genitori. Se lo meritano. Hanno fatto tanto per me. E ho la fortuna di averli ancora accanto .

Domani li andrò a vedere.

Cuori contro circuiti

Tutto ha un prezzo, si dice. Ma si sostiene anche che ciò che ha davvero valore non può essere comprato. È davvero così? Cosa conta veramente nell'arte? Il prezzo dell'opera ne definisce il valore? Questo dilemma complesso introduce elementi che spesso gli artisti desiderano distinguere in modo netto e definitivo: arte e soldi, poesia e marketing.

Voglio però sostenere tutti coloro che credono che entrambe le cose possano coesistere. Un artista può essere anche un imprenditore, anzi, dovrebbe esserlo, poiché l'arte è espressione. L'espressione vive quando ci sono orecchie per ascoltare, occhi per vedere, un'anima per emozionarsi. Desidero raggiungere quante più persone possibile, non per egoismo o per un piacere narcisistico di essere riconosciuto, ma perché ho dedicato la mia vita all'immaginazione, alle storie, alla fantasia. Amo sognare e voglio che i miei sogni prendano vita in voi, che la mia fantasia vi aiuti a trovare la vostra, perché senza di essa, il mondo diventa grigio come una lapide.

La fantasia ha dato vita a tutte le belle cose che possediamo, ma ora è in pericolo. Stiamo entrando in un'era in cui la fantasia è relegata alla superficialità del già detto, ai remake, alla gratificazione istantanea. Ciò che conta è la facilità di ricordo e la diffusione capillare, non importa la qualità o la profondità. È un fiume che divora tutto sul suo cammino, spazzando via fragilità e sensibilità, un toro dalle corna d'oro affamato di denaro, di attenzione, di nutrimento per il proprio ego.

Questa macchina, ancora animata da persone, non durerà a lungo. Presto, quasi tutto sarà sostituito dalle macchine. Creativi, attori, artisti, scrittori, siamo tutti di fronte a una minaccia incredibile che emerge all'orizzonte. L'intelligenza artificiale presto supererà l'uomo in molti compiti. Quindi, quale posto rimane per l'uomo? Dove stiamo andando?

Il tema che affronto è complesso ma essenziale: che cos'è un artista nel 2024? Che cosa deve fare un poeta per rimanere indipendente, per non essere travolto dalle macchine, per rimanere umano e, allo stesso tempo, avere successo? Sembra un rebus senza soluzione, ma forse, solo forse, ne ho una. Essere vicini alla propria anima, tangibilmente imperfetti, interagire con chi ci segue, discutere, dialogare, trasformare attraverso il dialogo chi incontriamo, e toccare corde espressive profondamente personali, ma imperfette e universali.

Gli scacchi, che sono una mia passione, hanno già vissuto questa fase. La macchina ha battuto il più forte giocatore umano, Garry Kasparov, contro Deep Blue. Eppure, gli scacchi non sono scomparsi. Gli umani amano ancora giocare a scacchi. Come è possibile, se le macchine sono superiori? La risposta è semplice. L'uomo cerca l'uomo. Vuole il contatto con la propria imperfezione, vuole migliorare, anche grazie alle macchine, ma il motivo del suo miglioramento risiede nella sua umanità. Vuole condividere il suo percorso, sentirsi parte di qualcosa, vivere insieme.

Quindi, artisti, siate umani, siate imperfetti, siate fragili, ma anche studiosi, disciplinati e un po' folli. Scavate in voi stessi, ascoltando gli altri, per forgiare nuove storie che colpiranno il cuore di nuovi uomini.

I misteri dell'Anima

Oggi desidero parlare della Divina Avventura, del processo creativo alle sue spalle, delle motivazioni che mi hanno spinto a scrivere questo libro, delle mie aspirazioni e dei risultati che credo di aver raggiunto.

L'ispirazione è nata da un'immagine lontana, grigia e sfocata, mentre passeggiavo per Villa Borghese, conversando al telefono con un'amica, Paula. Fu in quel momento che ebbi una visione, piccola ma significativa: una città vicino al Mare Baltico, bianca, lineare e pulita, Baltica. Inizialmente, non c'era nulla di ciò che poi si è sviluppato man mano che la mia immaginazione si dispiegava, ma quel barlume iniziale ha lasciato una nostalgia triste, che per ovvie ragioni ha preso vita propria.

Il mio obiettivo era esplorare il concetto di perfezione, e soprattutto criticare la nostra società, che ci impone un'adesione alle regole mascherata da "perfezione". Ci viene detto che apparteniamo e siamo corretti solo se concordiamo e ci conformiamo. In Cina, ad esempio, esiste il social score, un sistema che valuta quanto i cittadini aderiscano alle leggi. Da questo punto, il passo verso la perfezione e la tunica bianca è breve. Questo era il mondo che desideravo dipingere con Baltica, KS e Kato: un luogo dove non esiste più la moneta, né forme di governo tradizionali, ma solo un autogoverno imposto dalle macchine, dove l'eternità dell'anima diventa l'unico miraggio, l'unica cosa che conta. Ho intenzionalmente mescolato religioni, sociologia e tecnologia per riflettere quello che osservo nella nostra società, sempre più attaccata alle regole, al politically correct, al demagogico, come direbbero gli oratori greci.

E quale entità è più demagogica della macchina che tutto sa, che rappresenta la media della conoscenza umana, il perfetto centro, il nulla più assoluto ed eterno, già plasmato e immutabile? In questo contesto, ho creato un personaggio, un ragazzo di nome Overton, come la finestra di Overton, un principio sociologico che descrive l'ambito dell'accettabile in costante mutamento. Overton proviene dagli abissi dell'imperfezione, dal deserto, dal dolore, dalla morte. È facilmente ingannabile con una semplice menzogna: "Posso farti incontrare tua madre morta". Una falsità che, nel contesto del racconto, sembra assurda, ma che in realtà non è così diversa dalle promesse di alcune religioni.

Siamo fragili, la morte ci spaventa, la perdita dei nostri cari o di noi stessi ci terrorizza. Ma non Overton. Lui ha già perso tutto, e dal suo dolore, ho voluto forgiare un eroe, un ragazzo che supera gli insegnamenti del maestro, diventando a sua volta un maestro non solo di sé stesso, ma anche della sua generazione. Una generazione che non sapeva desiderare, ma che ora, grazie all'amore di una madre, al mistero della vita, alla tragica resilienza di un maestro vissuto nell'illusione, intraprende un viaggio verso l'orizzonte.

Il libro è una speranza, un desiderio di preparare la nuova generazione alle sfide spirituali ed esistenziali che dovrà affrontare. Il futuro promette meraviglie, ma queste meraviglie tecnologiche hanno un costo. Cosa resta dell'umanità quando le macchine la superano in tutto? L'anima? Il nostro io? I nostri desideri? E oltre ai desideri, cosa c'è? L'amore? Queste sono le domande che ho voluto esplorare nel libro, per comprendere un pezzo di me stesso e tracciare un percorso oltre il quale speravo di scoprire un'altra parte di me.

E così è stato. La Divina Avventura mi ha aperto il cuore e l'anima, e ancora oggi ringrazio il momento in cui ho deciso di scriverla. È un testo denso e a tratti complesso, ma ricco di entusiasmo che sarà difficile eguagliare. Se l'avete letto, grazie. Se non lo avete ancora fatto, vi consiglio di acquistarlo, di conservarlo e di leggerlo quando avrete tempo. E se avete un figlio, un nipote o un giovane in procinto di affrontare l'oceano della vita, sono certo che, come per le centinaia di persone che hanno lasciato una recensione positiva, toccherà corde importanti, che spero si porteranno dietro nel tempo.

Voglio un luogo comune

Il luogo comune... prima di tutto cos'è?

Un luogo comune, noto anche come cliché o banalità, è un'idea, espressione, opinione o elemento narrativo che, a causa del suo uso eccessivo, ha perso di originalità, impatto ed efficacia. Si tratta di un pensiero o un concetto che è diventato così familiare e ripetitivo che non suscita più interesse o riflessione critica. I luoghi comuni possono essere trovati in vari contesti, dalla letteratura alla conversazione quotidiana, e spesso servono come scorciatoie per esprimere pensieri complessi in modo semplice, anche se a volte superficiali.

Una definizione tutto sommato negativa, che induce a pensare che il luogo comune sia tanto banale da dover essere bandito dal discorso collettivo.

Eppure, ieri, ragionando, mi sono reso conto che se non ci fossero i luoghi comuni, luoghi che per tutti noi vogliono dire la stessa cosa, non potremo discutere. Il luogo comune è un ponte che possiamo attraversare insieme, un luogo in cui non serve discutere, perché siamo già d'accordo. É un luogo di pace.

Persino la parola è luogo comune. I nomi delle cose non sono forse luoghi comuni? Se ognuno di noi chiamasse la rosa per un altro nome, potremmo davvero discutere della sua bellezza senza incappare in complicati malintesi?

In un momento così teso della società, in cui muoiono persone per volontà altrui, dove le bombe sono giustificate dall'odio, e l'odio è giustificato dalla fede, come si può non amare il luogo comune? Perchè alla fine, è proprio di questo che abbiamo bisogno.

Di un luogo comune.

E ce lo abbiamo, è qui. É attorno a noi. É un ragionamento utopico, idealista, ne sono consapevole, ma lasciatemi almeno una volta sognare il desiderio di un'umanità unita, che accetti che la terra sia la terra di tutti, che possa vivere insieme, in pace, collaborando, senza che individui pretendano ciò che è di altri come se fosse loro. Un'umanità che non eserciti più violenza, ma provi sempre, in ogni momento, a cercare un dialogo, un punto d'incontro: un unico luogo comune.

Forse un giorno ci arriveremo, grazie alla tecnologia, grazie ad un rinnovato umanesimo che, confrontato con i suoi limiti, porterà l'uomo alla consapevolezza di ciò che è: un piccolo granello di sabbia tra le ruote del cosmo, insignificante, periferico, fragile come una scintilla nei fondi del mare. E in quel momento, chissà, forse un granello si alzerà, aprirà le braccia e chiederà all'altro granello accanto a lui di prendergli la mano.

E tutti rimarranno a guardarsi, ad abbracciarsi, e a godere di quel poco di fortuna che ci è stata data.

I bambini non hanno colpe.

Il freddo cuore delle macchine

Nell'articolo precedente ho parlato del mio lato nerd, e di come mi abbia portato alla "periferia degli altri."

Ma ci sono, come sempre, molti risvolti. Molti lati ai difetti, che poi, in fondo, sono qualità inespresse.

Parecchio di quello che ho fatto finora, da un punto di vista creativo, viene da questo mio desiderio di unire la cultura della tecnologia con quella della narrazione. Il mio percorso verso raccontare le storie è fortemente permeato dal mio lato nerd. Ma non solo, anche il modo in cui approccio l'aspetto programmatico del self publishing deriva da questo modo di pensare. Mi piace automatizzare, mi piace delegare i compiti banali alla macchina, così da ritagliarmi il tempo di tuffarmi nella creatività pura, nel flusso di coscienza, in cui mi perdo e mi ritrovo.

Penso che l'unione di questi due aspetti, nerd e narratore, sia forse quello che più caratterizza non solo la poetica dei mei racconti, ma anche la loro forma. Io scrivo su internet, queste pagine sono quello che alcuni potrebbero definire una "Nerdata".

"Il diario d'artista" appare in varie forme in base a dove viene fruito. Via e-mail è testuale, sul mio sito è un'unione di testo e voce, su Instagram è un video con i sottotitoli, su Spotify è un podcast audio. Ho organizzato tutto in modo da non dover ogni volta fare i post su Sito, Facebook, Instagram, Spotify, e-mail, twitter (x) perché sennò non riuscire a fare altro. Quindi, ho sviluppato dei processi di automazione. Io scrivo l'articolo sul sito, e il resto "si fa da sé" con un po' di programmazione. Niente di più nerd.

Senza tediarvi nei processi di automazione che esploro per poter fare di più facendo di meno, posso dirvi che le possibilità sono davvero illimitate per chi ha creatività e voglia di tuffarsi. Sarò felice, se vi interessa, di scrivere una pagina più "tecnica" dove espongo alcuni degli strumenti e piattaforme che uso per comunicare la mia arte.

Spesso vengo attraversato da una paura, quella di vedere il "tocco umano" sfumare via. Chi ha letto la Divina Avventura penso lo abbia percepito. Ho paura della digitalizzazione delle anime. Mi sembra che la società stia prendendo una deriva transumanista eccessiva, in cui la mente la fa da padrona, in cui il corpo e le sue necessità primordiali sono viste come un tabù, come una cosa da evitare, e in cui l'anima viene relegata ad un'equazione.

Chi ha letto libro sa che io non la penso così, nutro un grande amore per la vita, per l'ignoto. E attraverso le parole di Overton, sono io che parlo, che urlo ai ragazzi di fuggire da quelle torri nere, di partire alla scoperta dell'orizzonte. Ma sono anche Kato, con i miei dubbi, il mio tragico scoprire che ciò in cui credo non è sempre vero, e la mia natura umana, fragile, e soprattutto, effimera.

Insomma, gli algoritmi di intelligenza artificiale sembrano poter sostituire l'artista. Fanno paura, è indubbio. Ma se prendiamo per buono il concetto di artista che esprimo nella piccola favola di Hu-Ga, non penso che le macchine potranno mai essere artiste. L'artista va alla scoperta di ciò che non conosce, mentre gli algoritmi creano in base a ciò che funziona, a ciò che sappiamo che esiste. L'immaginazione è uno strumento molto più potente, poiché permette di far esistere ciò che prima non esisteva. É l'unico nostro atto davvero creativo e non demiurgico.

Davanti ad un mondo in cui, quando accendo la tv, vedo standing ovations per l'ennesima ripetizione di ciò che è stato visto, rivisto e stravisto. Davanti ad un mondo dove coloro che pensano fuori dal coro sono censurati, cancellati, dimenticati. Davanti ad un mondo che elegge l'algoritmo alla quintessenza della creazione, la mia risposta è che no, la vita non è questo.

La vita è una Divina Avventura, è misteriosa, è ignota, e non sarà mai completa.

Come trasformare la propria vita in un'opera d'arte

La questione dell'arte. Mi chiedono spesso cosa direi a un giovane aspirante attore per aiutarlo. Questa richiesta porta però con sé un peso, perché in un certo senso, una risposta diretta può indirizzare quella persona lungo un percorso difficile. Quindi, invece di elencare i requisiti per essere un attore o un artista, parlerò del mio personale viaggio in questa professione.

Sin dall'inizio, sono stato abituato al cambiamento. In parte per necessità, cambiando scuola ogni tre anni, e in parte per l'educazione ricevuta. Ho viaggiato molto, i miei genitori mi hanno portato in posti meravigliosi come il Senegal, la Giordania, il Marocco. Subito dopo la caduta del Muro di Berlino, si sono messi in auto per scoprire quell'Europa che ancora non si era omologata alla cultura occidentale. Durante la guerra in Iugoslavia, trascorrevamo le estati in Croazia. I miei genitori sono due avventurieri che mi hanno instillato l'amore per la diversità.

Da piccolo, ero un buon studente a scuola, ma con il tempo, forse a causa di questi cambiamenti continui, sono diventato quello del banco in fondo, critico, autonomo, mediamente bravo pur senza studiare. Non certo un modello da seguire, ma questo atteggiamento mi ha avvicinato a nuove passioni. Alcune positive, altre meno. Ma l'arte era già nelle mie vene. Volevo essere parte dello spettacolo di fine anno della scuola, e poi decisi che il mio destino era creare videogiochi, quello che per me è la più grande forma d'arte contemporanea.

Tuttavia, quando sono tornato in Italia, ho dovuto fare i conti con la realtà dell'università italiana, priva di pratica e applicazione. Così, esame dopo esame, ho realizzato che l'informatica non mi avrebbe portato dove volevo. Ma ho scoperto la recitazione, e l'arte, ancora una volta, mi chiamò.

Sono un mix tra Forrest Gump e James Dean. Ho seguito le mie passioni, con la sana follia e leggerezza di chi non ha responsabilità. Ma c'è una cosa che mi ha aiutato, soprattutto all'inizio: non ho mai fatto debiti. Questo mi ha permesso una grande flessibilità, cosa che l'arte richiede.

Spendi i soldi in modo preciso: investi in strumenti del tuo lavoro creativo, evita gli sprechi. Compra un buon computer, una macchina fotografica, libri su sceneggiatura, regia, recitazione, storyboard, e poi altri libri ancora. Spendi per imparare, mai per consumare.

Ricorda che la parola "tecnologia" deriva da "teknè", che significa arte. Gli strumenti, per qualsiasi artista, sono cruciali. Ogni percorso artistico è unico. Ogni vita è una storia a sé. Le regole di condotta si sanno inconsciamente, ma le ribadirò: Ama te stesso e richiedi rispetto. Circondati di persone che ti migliorano. E vivi questa avventura con un pizzico di follia, una generosa dose di disciplina, e affina la tua mente e i tuoi strumenti per brillare come un diamante appena tagliato.

Ricorda: l'arte non è una destinazione, ma un viaggio. Una danza intricata tra chi sei e chi desideri diventare. È la tua storia unica che rende il tuo percorso artistico inimitabile.

Quindi, se sei un giovane che sogna di diventare un artista, la mia raccomandazione non è tanto su cosa devi fare, ma piuttosto su come devi essere. Sii curioso, sii appassionato, sii aperto al mondo e alle sue molteplici sfaccettature. Permetti alla tua arte di evolvere con te, perché alla fine, l'arte che crei è un riflesso di te stesso.

Esplorando l'ignoto: l'avventura artistica tra creatività e ricerca

Benvenuti nel mio nuovo sito, spero che vi piaccia 😊 Ora sarà più semplice discutere, commentare e condividere idee insieme. Non vedo l'ora!

L'avventura artistica è un salto nell'ignoto: recitare, scrivere, cantare, dipingere. La creatività, in fondo, è intrinsecamente legata all'esplorazione dell'ignoto.

Per quanto riguarda la scrittura, avere personaggi, temi e ambientazioni ben definiti non è sufficiente per intraprendere con metodo un viaggio nella fantasia. È fondamentale creare un bagaglio di informazioni, pensieri, passato e futuro per non perdersi e non dissolversi nell'infinito. In altre parole, serve conoscenza per affrontare l'ignoto, e questo è ciò che più mi affascina nell'arte: la ricerca.

La ricerca arricchisce non solo il mio lavoro creativo, ma anche me stesso. Quando recito o scrivo, mettermi nei panni di personaggi diversi mi permette di acquisire nuove prospettive sulla realtà. Nel caso del mio ultimo romanzo, gli studi intrapresi si dividono in due categorie: quelli sulla meccanica della scrittura e quelli sul contenuto.

Mi sono aggiornato sulle ultime tecniche narrative riguardanti la strutturazione della storia e mi sono immerso in letture sul tema dell'aldilà, dalle esperienze extracorporee alle Near Death Experiences (NDE). Ho esplorato un campo affascinante, ricco di aneddoti ma privo di prove certe, un terreno metafisico e pericoloso.

Non mi sono limitato alle "classiche" religioni monoteiste, ma ho approfondito anche concetti più astratti come le vibrazioni, l'anima, le filosofie orientali e persino la fisica quantistica. Qualche mese fa, ho avuto l'opportunità di partecipare a un festival sull'innovazione e la scienza, dove ho discusso con il project manager della sonda Cassini e un esperto di integrazione tra buddismo e tecnologia. Immaginate che discussione appassionante è nata, in un territorio comune ma astratto, personale e allo stesso tempo universale: l'ignoto, ciò che non si può sapere e che sta oltre la scienza, almeno per ora.

Tutte queste esperienze hanno arricchito il mio romanzo, che è una manifestazione dei miei pensieri, paure ed emozioni. Il mondo della Divina Avventura è complesso e pervaso da un passato non detto che emerge lentamente agli occhi sbalorditi dei protagonisti. Ho dovuto quindi studiare il passato, tutto ciò che era accaduto prima dell'inizio della storia, una trama lunga e intricata.

I l romanzo porta con sé una consapevolezza: quando il passato emerge, il presente si trasforma sia per i protagonisti che per il lettore. Ho cercato di restituire al lettore quella sensazione magica dell'infanzia, quando tutto sembra incantato. Con l'avanzare dell'età (e della lettura), ciò che era magico diventa spiegabile scientificamente, ma questo non sminuisce la magia, anzi, la innalza, perché le domande si moltiplicano ancor più. La conoscenza è un percorso senza fine, poiché, come diceva Socrate: “Più so, più so di non sapere.

Alla prossima, Flavio

Il processo creativo

Ciao a tutti,

in questo articolo, vorrei condividere con voi il processo creativo che ha portato alla genesi del mio romanzo. È stato un viaggio affascinante, pieno di ispirazioni, difficoltà e momenti di gratificazione.

Tutto è iniziato il 1° gennaio del 2022, in una fredda giornata d’inverno. Camminavo per Villa Borghese e la mia mente ha immaginato una città bianca sulle sponde del mare Baltico, e questo è stato il punto di partenza per la mia avventura creativa. Sapevo che volevo scrivere una storia interessante, ma non avevo ancora una chiara idea di dove sarei andato a parare.

Per trovare l'ispirazione, ho iniziato a volare con la fantasia e a esplorare diverse idee. Una di queste era quella di scrivere la storia di un uomo che perdeva man mano i suoi sensi, ma non mi sembrava abbastanza coinvolgente per le mie aspirazioni. Ho deciso di concentrarmi sui temi che mi interessavano di più, in particolare la morte e l'aldilà.

Ho iniziato a studiare come ogni religione affrontava la morte, e questo mi ha portato a esplorare il mondo fantastico nel quale avrei ambientato la mia storia. Non avevo ancora la trama, i personaggi o la morale, ma ero molto curioso di esplorare l'immaginario collettivo e di apprendere nuove cose.

Leggendo saggi sul tema, ho letto l’approccio che le religioni hanno con l’aldilà e con l’anima, ho anche sorvolato il transumanesimo, un movimento che si concentra sul superamento delle limitazioni umane attraverso la tecnologia. Ho letto un saggio di 900 pagine chiamato "The Transhumanism Handbook", che, sebbene tecnico, mi ha aiutato a definire meglio una parte il mio mondo fantastico, soprattutto riguardo all’approccio moderno di temi antichi come la morte e la perfezione.

Il processo creativo è stato pieno di alti e bassi. All'inizio, ero entusiasta di avere così tanta libertà, ma mi sentivo anche smarrito senza una direzione chiara. Ho superato queste difficoltà leggendo ancora di più, esplorando nuovi argomenti e recintando piano piano il mondo fantastico.

Infine, i momenti più belli sono stati quando la storia si è fatta chiara nella mia mente, e ho iniziato a scrivere i primi rantoli su fogli bianchi. Niente di chiaro, ma era l’inizio. Sono stati momenti di grande gratificazione, sapendo che stavo creando qualcosa di unico e personale.

In sintesi, il mio processo creativo è un viaggio di scoperta, esploro nuove idee e approfondisco i miei interessi. Spero che questo articolo possa ispirare altri autori a perseguire le proprie idee e creare qualcosa di unico e personale.

E voi, quale è stato il vostro processo creativo nella scrittura di una storia o di un progetto artistico? Quali sono stati gli ostacoli che avete incontrato e come li avete superati? Condividete la vostra esperienza nei commenti, non temete a rispondere agli altri, questo luogo serve proprio a questo.