I limiti della perfezione

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I limiti della perfezione
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Nella "Divina Avventura" ho affrontato il tema della perfezione: del raggiungimento di quell'idea che abbiamo nel cuore, nella mente, ma che, in un certo senso, continua a spostarsi incessantemente. Il processo di ricerca che ci porta verso l'idea è la bellezza dell'arte, la sua natura più profonda. Per esempio, oltre a scrivere, gestisco questo sito sul quale, ogni lunedì e giovedì, pubblico il diario d'artista. Si tratta di un sistema complesso, che non starò a spiegare nel dettaglio, ma che coinvolge molteplici applicazioni e che può essere continuamente migliorato e ottimizzato.

Ho il terribile vizio di voler sempre migliorare anche ciò che funziona. Ripulire, ottimizzare, alleggerire sono cose che amo fare, come se risolvessi dei puzzle. Il problema è che spesso, nel farlo, rompo tutto. E, anzi, più rompo, più sprofondo nelle sabbie mobili della ricerca della perfezione. Non vi è mai capitato di rovinare tutto pur di migliorare qualcosa che non era nemmeno utile fare? Ecco, mi è successo la notte scorsa. Ho voluto pulire il database del sito da cose inutili – un lavoro che non era necessario, poiché non avrebbe cambiato nulla – e, nel farlo, ho rotto il sito. Ho passato tre ore, fino alle due di notte, a recuperare il salvataggio del giorno precedente e a rimettere tutto a posto com'era. Risultato? Quattro ore perse. Come potete vedere, il desiderio di perfezionare può essere deleterio.

Quante volte, mentre scrivo, mi rendo conto che il testo non è sufficientemente buono, che manca di umanità, di dettaglio, di vibrante emozione. E il primo istinto – fare editing – prende il sopravvento e sento l'irrefrenabile bisogno di mettere le mani sul testo, non a mente fredda, bensì a mente calda.

Per fortuna, ho imparato a tenere a bada questa pulsione, soprattutto grazie a Stephen King e al suo "On Writing", che non smetterò di consigliare a chi vuole scrivere. Uno dei principi fondamentali di King, in linea di massima, è quello di compartimentalizzare e far riposare il lavoro creativo. Questo significa, per esempio, non fare editing mentre si scrive. E ha ragione: sono due fasi completamente diverse. Una, la scrittura, è puramente creativa, esplorativa, un tuffo nell'ignoto. L'altra, l'editing, è razionalizzante, tendente all'ordine e alla comprensibilità. Certo, vi sono momenti in cui l'editing è creativo, così come vi sono momenti in cui la scrittura creativa è funzionale alla comprensione e non all'emozione, ma devo dire che evitando di fare le due cose insieme, si evitano disastri come quello che ho vissuto con il desiderio di migliorare qualcosa che andava già bene, perché assalito dal virus del perfezionamento.

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La realtà è imperfetta, come ho spiegato in un articolo di un po' di tempo fa, la storia di una matita e della mia incapacità di non perderla. È importante saper fare i patti con il reale, abbracciare il superfluo come parte integrante della bellezza che ci circonda, accettare che la perfezione, a volte, è un passo indietro. Perché ci sarà sempre, per fortuna, qualcosa che sfugge alla mente razionale. Ed è proprio questa dimensione che dobbiamo raggiungere nell'atto creativo. E poi, dobbiamo fidarci di esso, pulirlo, limarlo, certo, ma anche inneggiarlo, difenderlo, amarlo. Insomma, come dicono gli americani: "If it ain't broke, don't fix it!". Che vuol dire "se non è rotto, non aggiustarlo."

A voi è mai capitato di perdervi in quel labirinto del perfezionamento che poi vi ha portato a rovinare tutto?

Alla prossima pagina.

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Articolo scritto da  Flavio Parenti
Sono un attore, scrittore e regista nato a Parigi e cresciuto in Italia. Ho lavorato in film, serie TV e teatro, collaborando con registi di fama internazionale. Sono appassionato di storytelling e amo sperimentare con diverse forme d'arte per raccontare storie.

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Ultimo aggiornamento: 06 gennaio 2024

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