Molte domande mi sono state poste per questo articolo, che sarà, come vedrete, una forma ibrida di discussione tra di noi. Come sapete, vi ho chiesto, alcune settimane fa, di pormi delle domande sull'argomento. Oggi desidero sia approfondire questo tema da un punto di vista tecnico, che affrontare le vostre domande.
Prima di tutto, è necessario comprendere esattamente cosa è un personaggio. Io ho una mia personalissima teoria a riguardo: per me, il personaggio è un'allucinazione collettiva che poi si manifesta fisicamente attraverso la potenza della recitazione.
Quando recito non interpreto un personaggio, ma vivo le battute che mi vengono date nel più profondo e realistico dei modi, vestito da persone che hanno seguito un'idea, all'interno di scenografie che dipingono un mondo. E tutto questo produce l'allucinazione che incarno: il personaggio.
Partendo da questa premessa, è facile comprendere come io non creda nella caratterizzazione, ma piuttosto nell'onestà. Per me la buona recitazione è la bugia vera. L'onestà più profonda incarnata nell'illusione del reale. Quando recito, non fingo, sono vero, fino in fondo, fin dove riesco. E poi, magicamente, si sente un "Buona!" e l'illusione finisce il tempo di un respiro.
Difatti, spesso mi chiedono se trovo difficile entrare in un personaggio, al che rispondo: no, entrare è facile. È uscire che è difficile, perché a forza di indossare una maschera, qualcosa di quella maschera ti rimane addosso, e non te la stacchi più. Tu incarni il personaggio, e il personaggio ti penetra nelle ossa. Ovviamente, per affrontare questo metodo serve grande controllo, soprattutto emotivo, perché ci vuole un attimo a confondere la linea tra reale e finto. Ma è così che mi piace affrontare l'arte della recitazione. Con il cuore in mano.
Per la scrittura, invece, il processo è molto più complesso. Un personaggio è l'insieme delle azioni che compie all'interno della storia. Le grandi scelte lo definiscono. Il modo in cui si esprime, in cui pensa, tutto prende forma nelle parole. In un livello di astrazione che regala, se ben scritto, al lettore, la possibilità di essere egli stesso quel personaggio. Di vivere in prima persona, nella propria fantasia, ogni aspetto delle menti e delle anime che costellano il libro.
La mia tecnica di scrittura è divisa in varie fasi. Io comincio a pensare a una possibile storia, e piano piano la immagino, come fosse un racconto breve, poche pagine, che poi comincio a definire, a strutturare, a incasellare. È una fase molto creativa e al contempo molto tecnica: fondamentale per me per darmi la libertà, in seguito, di scrivere senza pensare. Proprio come nella recitazione.
Quando affronto la pagina, il dialogo, lo vivo come se stessi recitando, cercando appunto di incarnare, ogni volta, il pensiero, il desiderio o la paura del personaggio, con la consapevolezza di non sprecare parole e di portare avanti la scena.
In questo caso, la recitazione e l'improvvisazione mi sono molto utili, perché mi permettono di affrontare questo "spazio" con una consapevolezza maggiore, un divertimento che mi regala lacrime, sorrisi, emozioni. Perché scrivere mi emoziona tantissimo: è quando si arriva a una scena importante, durante la quale si riesce a mettere sul piatto un pezzo di cuore, beh, quello è un grande momento per lo scrittore. Oserei dire che è il motivo per cui è così bello scrivere. Così... liberatorio.
Come fai a calarti esattamente ogni volta in un personaggio diverso, quando reciti?
- Cinzia
Questa domanda mi è stata posta più volte. Dunque... il mio processo è sempre lo stesso. Io affronto il momento, il silenzio, la scena, per quella che è. Né più né meno. Il mio obiettivo, come attore, è essere nel qui e ora, ed è toccando quel momento che il personaggio nasce. La mia responsabilità, come attore, è quella di essere "vero". Di far accadere qualcosa. Il resto lo lascio agli altri. Questo mi permette di dare allo spettatore quel pezzo di me che è, credo, una delle mie caratteristiche.
Ti sei ispirato al personaggio di Tancredi, un ruolo che ti porti addosso da alcuni anni, per disegnare Floyd come l'antagonista di Luca, personaggio oscuro che avrà molto probabilmente il suo sviluppo nel prossimo volume?
- Paola
Lo ammetto. Floyd viene dalla maschera di Tancredi. Come dicevo, è inevitabile che, a forza di frequentare un personaggio come lo faccio io, qualcosa dentro rimanga. La scrittura in questo mi dà la possibilità, in un certo senso, di sublimare quel demone interiore (nel caso di Tancredi è il caso di dirlo!) e di utilizzarlo come uno strumento narrativo. È una delle grandi fortune che ho come attore. Io ho incarnato molti uomini diversi, alcuni cupi, altri romantici, e questo ha ampliato la mia panoplia di pensieri, di anime.
Per entrare nel personaggio come ti prepari?
- Silvana
Avere un approccio atipico come il mio non preclude, ovviamente, una grande preparazione. La mia consiste in due cose. 1. La memoria. Io tendo a conoscere molto bene le mie battute, le studio in maniera quasi ossessiva, perché voglio riuscire a non pensarle, voglio farle diventare qualcosa di istintivo, come respirare, proprio per poterle dare una naturalezza. E 2. Cerco l'attimo. Dovete sapere che sul set sono piuttosto un burlone: faccio scherzi, faccio facce, parlo e mi diverto tra un ciak e l'altro, e spesso chi mi vede sul set si chiede come faccia a passare, subito dopo il ciak, alla serietà del personaggio. Quella bolla di leggerezza mi serve proprio ad allinearmi con me stesso, con chi mi circonda, a farmi sentire la concretezza del presente.
E poi... si vola.
Spero davvero che questo nuovo format vi piaccia. E nel caso, potremmo svilupparlo ancora di più, cercando una relazione più dinamica, in cui traggo anche da voi i temi da affrontare. Un dialogo continuo, che serva a testimoniare il nostro piccolo giardino.
Alla prossima pagina.