Oggi mi soffermerò sull'abissale conflitto in cui la nostra società ci immerge quotidianamente: "la forma o la sostanza"?
Questa tematica non è confinata alla nostra società, ma sembra essere un leitmotiv che assilla l'artista sin "dalla notte dei tempi", come recita l'evocativo cliché.
Forma e Sostanza. Questo enigma esistenziale assilla ogni artista. Quando prevale la forma e quando la sostanza? Conta di più la copertina del libro oppure il suo contenuto?
"Il contenuto!" potreste rispondere. Ma se nessuno sfoglia quel libro, quel contenuto è come se non esistesse. Se nessuno compra il libro, l'autore non potrà godere del trionfo della sua arte e neanche riempire la sua tavola di cibo. Questo lo condurrà, inevitabilmente, a cercare altre praterie in cui essere accolto, come lavorare alle poste, come accadde a H. Melville dopo aver composto Moby Dick. Infatti, sappiate che l'autore del più importante romanzo moderno americano cessò di scrivere dopo che il suo libro fu bollato come mediocre dai critici dell'epoca e non conquistò il favore dei lettori. Solo un secolo dopo, il libro fu ristampato e ottenne l'enorme successo che lo pone, ancora oggi, tra i bestseller annuali.
Se Melville avesse adottato una forma differente, avrebbe forse avuto successo? Ma se si fosse piegato alle regole del mercato, forse non avrebbe scritto quel capolavoro. Forse avrebbe prodotto quello che tutti gli altri suoi coevi scrivevano, risultando "uno fra tanti."
Insomma, l'aderenza artistica rappresenta un autentico dilemma. Un artista che rimane totalmente indipendente corre il rischio serio di non riuscire a vivere della sua arte, e un artista che invece aderisce alle regole del mercato, rischia di non essere autenticamente un artista, ma un copista, un impiegato a tempo indeterminato. Esistono compromessi? C'è un modo per far convivere entrambe le cose?
Forse sì. Molti artisti svolgevano due lavori. Uno per "guadagnarsi il pane" e uno per "Dialogare con l'eternità". Mantenevano questi due impieghi separati, quasi ermeticamente, in modo che uno non inquinasse l'altro. Almeno, ci provavano, ma non tutti ci riuscivano. Sicuramente, molti di loro conducevano una vita difficile, perché in fondo, l'anima romantica dell'artista lo permea in ogni sua cellula, e la mancanza di riconoscimento non può che condurlo alla frustrazione, a quel dubbio terribile di essere, come sottolineavo in un'altra pagina del Diario, "un impostore".
Ci saranno quelli che sostengono che l'arte risiede dove c'è commercio, e non posso dire che sbaglino. Molti grandi movimenti artistici furono legati a un successo commerciale, basta pensare al fastoso teatro del 1600/1700, epoca aurea della drammaturgia, che ci ha donato i Shakespeare, i Molière e i Lope de Vega. In quel periodo c'erano più drammaturghi che panettieri, (si fa per dire), e quindi, per una pura questione di statistica, i migliori erano davvero "migliori". L'abbondanza genera qualità, in un certo senso. La sopravvivenza del più forte. La legge della natura applicata all'arte.
Ma ci sono anche le "pecore nere", coloro che hanno lasciato il segno nella nostra storia senza essere minimamente riconosciuti durante la loro vita. Kafka è l'esempio più evidente. Addirittura scrittore postumo. Ma come Kafka, molti pittori, musicisti. Mozart fu sepolto in una fossa comune. Immaginate, Mozart.
Cosa significa tutto ciò? Non lo so. Non ho risposte a questa domanda. Credo che ognuno di noi si confronti con la propria etica, morale. I propri desideri. E non credo che ci siano desideri più giusti o meno giusti. C'è chi aspira al successo. Chi invece vuole perseguire la verità a ogni costo. Chi è convinto di qualcosa di cui nessun altro è convinto. Chi ha ragione e chi ha torto.
Concluderò con un altro esempio straordinario: Ignaz Semmelweis, un medico ungherese del XIX secolo. Celebre per aver proposto che i medici dovrebbero lavarsi le mani prima di assistere le donne durante il parto per prevenire la febbre puerperale. Questa era una malattia mortale che colpiva molte donne dopo il parto. Le teorie di Semmelweis furono largamente ignorate o respinte dai suoi contemporanei, che non compresero il nesso tra igiene e infezione, dal momento che i germi e i batteri non erano ancora stati scoperti.
Semmelweis cadde in disgrazia nella comunità medica e, alla fine della sua vita, fu ricoverato in un manicomio dove morì in circostanze misteriose.
Solo dopo la sua morte, e con la scoperta dei germi da parte di Louis Pasteur e Robert Koch, il suo contributo alla medicina fu riconosciuto e apprezzato.
Alla prossima pagina,