L'empatia. A volte mi chiedo se averne sia una qualità oppure un difetto. "Il giusto" ecco quanto uno dovrebbe averne: la giusta empatia per non soffrire troppo e per non essere ciechi davanti alle ingiustizie della vita, del destino.
Quando ero piccolo, ricordo che soffrivo tantissimo nel vedere persone martoriate dalla vita: i portatori di handicap, le sedie a rotelle: ingiustizie che non riuscivo proprio ad accettare. Le trovavo - e lo trovo tuttora - così ingiuste.
Perché loro sì e io no? Perché sono stati puniti? Esiste davvero un giusto e uno sbagliato in questa vita? Tutte domande, mi pare ovvio, che si fa chi prova empatia per coloro che lo circondano. Ma l'empatia non è solo emotiva, esiste anche quella cognitiva.
L'empatia cognitiva è la capacità di riconoscere i punti di vista altrui, di essere aperti davanti alle differenze che ci distinguono e che fanno dell'umanità la barriera corallina delle idee. E in questa società, che sembra - a suo dire - così volta alla diversità e all'inclusione, ne vedo poca, di empatia.
Le differenze vere non sono quelle che ci piace vedere negli altri. Le differenze vere sono quelle che non sopportiamo, che troviamo orribili, inaccettabili. Ed è su quelle differenze che dovremmo arricchirci, parafrasando Paul Valery. E in tutto questo marasma di inclusività, mi sembra a volte che si perda la nozione che tutti - anche quelli davvero diversi - hanno il diritto di esprimersi. Io amo la libertà.
E nella creatività? L'empatia è uno strumento che permette di crescere per osmosi, che ci da la possiblità didi nutrirci di ciò che ci circonda in un modo costruttivo, aperto e libero. L'empatia artistica, la capacità di comprendere un poeta, un pittore, uno scrittore, è una forma più alta - se posso osare dirlo - di empatia, che fonde sia il nostro lato razionale che quello emotivo. Un'empatia olistica che rasenta, quando vissuta davvero, uno stato vitale, un'apertura totale nei confronti del mondo.
Mi ricordo di un film con John Travolta, Phenomenon, in cui lui - un uomo normale - viene diagnosticato con un tumore al cervello. Comincia a essere profondamente intelligente, a risolvere equazioni impossibili anche per i computer, e poi, alla fine, si ferma davanti alla bellezza degli alberi che respirano con il vento. Il suo punto più alto è stata l'empatia.
Mi viene in mente anche il sacchetto di plastica di "American Beauty" che vola, semplicemente, preso dalle correnti ascensionali. L'empatia è quella porta che ci dà l'occasione di intuire la bellezza che c'è nel mondo, di vedere - anche nel dolore - la possibilità di una rinascita e anche nella perdita, un nuovo inizio.
Concludo questa mia piccola parentesi con una forte sensazione che mi porto dentro: Io credo che tutti gli esseri umani siano empatici per natura - a parte, chiaramente, i casi patologici - ma purtroppo, l'empatia è come un muscolo. Se non viene allenata, si incancrenisce, si riversa dentro di noi, portandoci a dimenticarci degli altri, rendendoci schiavi di fama, gloria e potere. Di noi stessi.
E come si allena l'empatia? Con l'arte, con l'amore, con la curiosità.
Sì, nel mondo ci vorrebbe più empatia.
Alla prossima pagina.
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Luca e Anna, due adolescenti inquieti, si incontrano ad Anagni nell'estate del 1995. Lui, un parigino strappato alle sue radici; lei, una ribelle che fugge dalle tradizioni locali. Scopriranno una leggenda: chi troverà l'Anello di Saturno avrà il potere di cambiare il proprio destino.
La Fede può essere interpretata anche come fiducia.
Elisa
1 mese fa
Comunque, una cura da sempre efficace, insieme alla speranza, e' l’amore.
Elisa
1 mese fa
Buongiorno Flavio. Come si sara' accorto, sono anch’io affetta da una disabilità motoria: tretraparesi spastica, a causa di un parto prematuro. Non mi sono mai sentita una martoriata o punita dalla vita. Ho sempre vissuta bene lo mia disabilità; poiché la mia famiglia ed anche i nostri miei amici non mi hanno mai fatto pensare la mia condizione. Io ho bisogno di loro; ma anche loro hanno bisogno di me. Le difficoltà ci sono però si cerca di affrontarle insieme sempre col sorriso, perché è quello che manca oggi.
Stare alle persone che soffrono è straziante.
Io soffro tantissimo quando vedo persone affette le malattie rare senza cura o quasi; ma ho la speranza che i nostri giovani ricercatori trovino delle cure che sconfiggano o quantomeno migliorino la vita anche a loro.
La gente è sempre meno empatica anche a causa dei social network, che subdolamente, ci isolano nella realtà dalla realtà; e’questo secondo me che porta all’egoismo. Hai tanti amici su Facebook, su Twitter, su Instagram, ma in realtà sei solidissimo.
Mariangela
1 mese fa
Salve, Flavio! Ora si parla di empatia, capacità di immedesimarsi negli altri, con la loro interiorità più o meno espressa, con il loro modo di pensare e il loro progettarsi.
Credo di esserlo empatica, perché questa dote ha a che fare con la sensibilità e l’amore della libertà che per fortuna ho ricevute in eredità.
Credo che sia una fortuna avere a che fare con persone empatiche , in cui tali due caratteristiche si compenetrano, perché chi ne è è portatore… possiede sconfinata umanità e grande larghezza di vedute.
Con loro si può avere un buon dialogo e sani confronti, da cui possono derivare anche consigli utili per la nostra vita. .
Il che non è possibile nella chiusura che ci rende impermeabili ai rapporti umani e ci nega la possibilità di scambi autentici, tutto ciò che naturalmente non a che vedere con l’insulsa e incondizionata superficialità di contatto.
Anche io sono sempre stata colpita dalla sofferenza altrui, specie quella eclatante che colpisce con malattie visibilmente penalizzanti bambini, miei coetanei allora,o in situazioni famigliari e sociali vistosamente svantaggiate, quando il bisogno del prossimo urla la sua richiesta di aiuto e la diversità sembra un fardello troppo greve per non essere condiviso…
Anzi, da scolara, ero attratta dai reietti, dalle compagne di classe chiaramente disagiate che forse con le loro condotte ribelli all’autorità dell’insegnate chiedevano solo un po’ di cura in più ed ai compagni un po’ di
comprensione…. Se Giulia( i nomi citati sono ,puramente casuali) era dietro la lavagna perché insopportabilmente ribelle alla maestra, pensavo al suo
disagio in quella posizione abnorme, separata dalle compagne e demonizzata.
Se gioia la chiamavano “la picchiona” perché non si limitava a litigare a parole ma scendeva a vie di fatto, menando , notavo che aveva lineamenti più marcati e pelle più ambrata della nostra, forse, pensavo, così usa al suo paese d’origine, ed intuivo come potesse essere diverso e interessante conoscerlo…
Devo dire che in questo c’entra anche l’educazione cattolica ricevuta , che mi inculcava carità ed amore del prossimo, con speciale attenzione ai bimbi disagiati, nati senza mezzi economici e privi di guida, quindi da comprendere e perdonare nei loro eventuali comportamenti disturbatori.
Così come tra le tante bambole che mi venivano regalate , ce ne fu più di una con la pelle nera, da me amata particolarmente come nera fu la bambola che confezionai in panno lenci, per un’esercitazione scolastica, poi cucita con commovente pazienza dal mio caro papà …( non ho avuto mai manualità ed attitudine al cucito infatti pur essendo naturalmente creativa…).
Non giudicare e non contrastare ( specie slealmente) il pensiero altrui, ed eventualmente la relativa condotta, fu poi per me, cresciuta, fatto naturale per un imperativo etico introiettato e definitivamente assimilato, secondo quell’assoluto amore per la libertà che mia madre mi aveva inculcato come principio fondamentale di vita.
Ciò che mi ha sempre portato a scelte personali convinte anche se difficili , che comunque ho difeso imperterrita come indiscutibili, osteggiata o incompresa spesso, come per me incomprensibile l”ottusità e la prepotenza di giudizio degli estranei.
Naturalmente tale mia apertura , che ho anche pagato a caro prezzo, accumulando “crediti”…, mi ha poi consentito negli studi compiuti, di taglio umanistico, una profonda comprensione degli autori letterari trattati e curiosità conoscitiva verso le ideologie filosofiche studiate, stimolandomi al confronto.
Credo che una buona educazione e una viva curiosità intellettiva siano fondamentali , come dici, per alimentare l’empatia che nasce però fondamentalmente sulla base di una viva sensibilità allenata all’ideale di libertà esistenziale.
Grazie, Flavio. Ancora una volta ci hai indotto a riflettere con il tuo interessante articolo.Buon inizio di giornata,
A più tardi, alla prossima pagina. Mariangela.
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Buongiorno Flavio. Come si sara' accorto, sono anch’io affetta da una disabilità motoria: tretraparesi spastica, a causa di un parto prematuro. Non mi sono mai sentita una martoriata o punita dalla vita. Ho sempre vissuta bene lo mia disabilità; poiché la mia famiglia ed anche i nostri miei amici non mi hanno mai fatto pensare la mia condizione. Io ho bisogno di loro; ma anche loro hanno bisogno di me. Le difficoltà ci sono però si cerca di affrontarle insieme sempre col sorriso, perché è quello che manca oggi.
Stare alle persone che soffrono è straziante.
Io soffro tantissimo quando vedo persone affette le malattie rare senza cura o quasi; ma ho la speranza che i nostri giovani ricercatori trovino delle cure che sconfiggano o quantomeno migliorino la vita anche a loro.
La gente è sempre meno empatica anche a causa dei social network, che subdolamente, ci isolano nella realtà dalla realtà; e’questo secondo me che porta all’egoismo. Hai tanti amici su Facebook, su Twitter, su Instagram, ma in realtà sei solidissimo.
Salve, Flavio! Ora si parla di empatia, capacità di immedesimarsi negli altri, con la loro interiorità più o meno espressa, con il loro modo di pensare e il loro progettarsi.
Credo di esserlo empatica, perché questa dote ha a che fare con la sensibilità e l’amore della libertà che per fortuna ho ricevute in eredità.
Credo che sia una fortuna avere a che fare con persone empatiche , in cui tali due caratteristiche si compenetrano, perché chi ne è è portatore… possiede sconfinata umanità e grande larghezza di vedute.
Con loro si può avere un buon dialogo e sani confronti, da cui possono derivare anche consigli utili per la nostra vita. .
Il che non è possibile nella chiusura che ci rende impermeabili ai rapporti umani e ci nega la possibilità di scambi autentici, tutto ciò che naturalmente non a che vedere con l’insulsa e incondizionata superficialità di contatto.
Anche io sono sempre stata colpita dalla sofferenza altrui, specie quella eclatante che colpisce con malattie visibilmente penalizzanti bambini, miei coetanei allora,o in situazioni famigliari e sociali vistosamente svantaggiate, quando il bisogno del prossimo urla la sua richiesta di aiuto e la diversità sembra un fardello troppo greve per non essere condiviso…
Anzi, da scolara, ero attratta dai reietti, dalle compagne di classe chiaramente disagiate che forse con le loro condotte ribelli all’autorità dell’insegnate chiedevano solo un po’ di cura in più ed ai compagni un po’ di
comprensione…. Se Giulia( i nomi citati sono ,puramente casuali) era dietro la lavagna perché insopportabilmente ribelle alla maestra, pensavo al suo
disagio in quella posizione abnorme, separata dalle compagne e demonizzata.
Se gioia la chiamavano “la picchiona” perché non si limitava a litigare a parole ma scendeva a vie di fatto, menando , notavo che aveva lineamenti più marcati e pelle più ambrata della nostra, forse, pensavo, così usa al suo paese d’origine, ed intuivo come potesse essere diverso e interessante conoscerlo…
Devo dire che in questo c’entra anche l’educazione cattolica ricevuta , che mi inculcava carità ed amore del prossimo, con speciale attenzione ai bimbi disagiati, nati senza mezzi economici e privi di guida, quindi da comprendere e perdonare nei loro eventuali comportamenti disturbatori.
Così come tra le tante bambole che mi venivano regalate , ce ne fu più di una con la pelle nera, da me amata particolarmente come nera fu la bambola che confezionai in panno lenci, per un’esercitazione scolastica, poi cucita con commovente pazienza dal mio caro papà …( non ho avuto mai manualità ed attitudine al cucito infatti pur essendo naturalmente creativa…).
Non giudicare e non contrastare ( specie slealmente) il pensiero altrui, ed eventualmente la relativa condotta, fu poi per me, cresciuta, fatto naturale per un imperativo etico introiettato e definitivamente assimilato, secondo quell’assoluto amore per la libertà che mia madre mi aveva inculcato come principio fondamentale di vita.
Ciò che mi ha sempre portato a scelte personali convinte anche se difficili , che comunque ho difeso imperterrita come indiscutibili, osteggiata o incompresa spesso, come per me incomprensibile l”ottusità e la prepotenza di giudizio degli estranei.
Naturalmente tale mia apertura , che ho anche pagato a caro prezzo, accumulando “crediti”…, mi ha poi consentito negli studi compiuti, di taglio umanistico, una profonda comprensione degli autori letterari trattati e curiosità conoscitiva verso le ideologie filosofiche studiate, stimolandomi al confronto.
Credo che una buona educazione e una viva curiosità intellettiva siano fondamentali , come dici, per alimentare l’empatia che nasce però fondamentalmente sulla base di una viva sensibilità allenata all’ideale di libertà esistenziale.
Grazie, Flavio. Ancora una volta ci hai indotto a riflettere con il tuo interessante articolo.Buon inizio di giornata,
A più tardi, alla prossima pagina. Mariangela.